Un tempo era molto diffusa l’abitudine di dare soprannomi in ragione dell’aspetto fisico, di caratteristiche famigliari, di ragioni geografiche o, più spesso, per attività svolta. Questi appellativi erano chiamati “scutmai” e venivano, spesso, tramandati di padre in figlio. Il motivo di tutto questo, è l’origine della nostra lingua dovuta alla mescolanza di differenti etnie transitate da queste parti. Così infatti “scutmai” deriva da “schuld”, nome di battaglia longobardo, che in tedesco significa debito, colpa, peccato, ad indicare le caratteristiche che potevano contraddistinguere una persona. “Valeri” era lo scutmai dialettale della famiglia Giacobazzi di Magreta e trae le sue origini dal trisavolo Valeriano nato il 31 luglio del 1805, in via Poggi, casa n. 68 di “Villa Magreta”, dove siamo nati e cresciuti noi, Valerio e Giuseppe e dove risiede ancora oggi lo zio “seidita” Egidio detto Berto.
Questo spiega il perché del diminutivo “Valeri”.
Ancora oggi, è facile trovare il nostro indirizzo utilizzando quel soprannome, anche se la cultura sta scalzando le vecchie forme dialettali a causa dell’invasione della globalizzazione.
Questo spiega perché mantenere il soprannome di famiglia nelle generazioni era naturale.
La casa paterna dei “Valeri” ristrutturata a fine secolo, che sembra risalire al 500-600, era stata costruita con sassi, mattoni e impasti bituminosi a base di terriccio. Non sappiamo se quel trisavolo conoscesse l’Aceto Balsamico ma sono certo lo conoscesse il bisnonno Egidio che in quella casa mise a dimora le prime botticelle.