- Dati di produzione e vendita
- Anno di fondazione: N/A
- Superficie vitata: N/A
- Bottiglie prodotte: 500000
- Vendita diretta: Si
- Reperibilità dei prodotti: Internazionale
- Export: Africa, Altri paesi europei, America centrale e meridionale, America settentrionale, Asia centrale, Asia orientale, Medio oriente, Oceania e altri ter
- Contatti e Ospitalità
- Referente: N/A
- Visite in azienda: Si
- Lingue parlate: N/A
Nella famiglia Tedeschi numerose sono le generazioni che hanno dedicato amore e fedeltà al campo vitivinicolo della Valpolicella; esse rappresentano un invidiabile bagaglio di esperienza, di tradizioni, di nobiltà, specie se spese sempre per l'alta qualità e per la specializzazione.
Il primo atto di acquisto di vigneti è stato stipulato nel 1630, in virtù del ritrovamento di documenti antichi. I discendenti della famiglia si sono succeduti apportando via-via prestigio, rispetto e considerazione alla loro famiglia tanto da essere chiamati a ricoprire importanti incarichi pubblici e religiosi.
Nel 1824, Nicolò Tedeschi stipulò un atto d'acquisto d'alcuni vigneti e fu, alla sua epoca, un autentico personaggio, di riconosciuta capacità e statura morale.
Anche per tutti gli altri successori la vite ed il vino furono la loro vera ragione di vita ed un modo di tenere alto il buon nome ed il prestigio della famiglia.
Lorenzo Tedeschi, ad esempio, simpaticamente soprannominato "damigiana" perché sempre indaffarato a trasportare con il carretto damigiane di vino, ricevette nella primavera del 1908 il Diploma di Medaglia d'Oro Arte e Lavoro all'Esposizione Industriale Moderna Città di Verona.
A seguire Riccardo Tedeschi, considerato dagli abitanti di Pedemonte come un vero e proprio patriarca, così lungimirante da decidere d'acquistare già nel 1918, considerandoli come due cru d'elezione, i vigneti di Monte Fontana e di Monte Olmi.
Il suo lavoro venne poi proseguito dai due figli Silvino e Lorenzo, il primo tutto dedito alla cura meticolosa della vigna, il secondo impegnato a portare avanti ed impersonare, insieme alla moglie Bruna, lo "stile Tedeschi", facendo conoscere l'azienda familiare in Italia e nel mondo.
E ad introdurre, lui vignaiolo quanto mai rispettoso della migliore tradizione, attento a quel patrimonio d'antica esperienza e sapienza contadina rappresentato dalle lune che crescono e che calano e che vanno sempre rispettate all'epoca dell'imbottigliamento, dai segnali impercettibili lanciati ogni anno dalla vigna, quegli elementi innovativi e razionali, in grado di rendere ancora migliori i suoi vini. Per Renzo le radici sono importanti: dalle sue ha appreso lo "stile Tedeschi", un modo di vivere che si partecipa nei vini. A questo ha apportato una tecnica moderna e razionale, che ha reso ancor più raffinati e prestigiosi i suoi prodotti. Per ogni suo "cru" un Capitel come simbolo propiziatorio che il vignaiolo recupera dalla devozione popolare in onore di questo o quel santo, posto a custodire il raccolto dai capricci del tempo.
Il Capitel è diventato ora il marchio di tutti i prodotti dell'azienda Tedeschi.
La più recente generazione dei Tedeschi è oggi rappresentata dai figli Antonietta, Sabrina e Riccardo, la prima responsabile delle vendite in Italia e nell'amministrazione, la seconda, tecnologo alimentare per anni insegnante e ricercatrice all'Istituto di San Michele all'Adige, responsabile marketing e coadiuva il fratello nelle vendite estero, mentre Riccardo, enologo, oltre ad occuparsi delle vendite estero cura l'intera produzione vitivinicola.
Trascorsi 180 anni circa da quando Nicolò decise che la nostra famiglia dovesse occuparsi di vino e di essere proprietaria di vigneti in Valpolicella, lo spirito di noi Tedeschi non è cambiato: siamo più che mai convinti che ogni nostro vino debba essere non solo il più buono possibile, ma il più personale che sia consentito, e avere un proprio stile ed un carattere distintivo ben distinguibile, dalla spiccata territorialità, un vero e proprio "marchio Tedeschi".
Per conseguire quest'obiettivo cerchiamo in ogni fase, in vigneto ed in cantina, di assecondare al massimo la natura, senza pensare mai di poterci sostituire in qualche modo a lei e alle sue leggi.