- Dati di produzione e vendita
- Anno di fondazione: 2003
- Superficie vitata: 1.00 ha
- Bottiglie prodotte: 10000
- Vendita diretta: Si
- Reperibilità dei prodotti: Regionale
- Export: N/A
- Contatti e Ospitalità
- Referente: mauro feola
- Visite in azienda: N/A
- Lingue parlate: Italiano
«Faccio l’enologo. È questa la mia attività principale. “Specchiodivitae” è la mia grande scommessa la realizzazione di un grande sogno.
Vorrei che diventasse il mio lavoro. Il mio solo lavoro». Si presenta così l’Enologo Mauro Feola, diplomato ad Alba, titolare dell’Azienda Agricola Specchio di vitae. La presentazione, da sola, dimostra il “desiderio di fare” che lo anima – di fare e di fare sempre meglio. Feola, parlando del suo vino, dei vigneti del “suo” entroterra, delle regole antiche (prima tra tutte quella che obbliga a «non avere fretta»), riprese dalla tradizione e dalla sapienza contadina, lascia trasparire il suo entusiasmo. Che diventa entusiasmo anche in chi lo ascolta – e desiderio di “fare la prova”, di passare all’assaggio, di sperimentare i sapori della sua vigna.
È “figlio d’arte” Mauro Feola, perché, come ci racconta, già suo nonno, negli anni Venti, aveva cominciato a commerciare in vino sul porto di Oneglia e suo padre, a Diano Marina, negli anni Cinquanta produceva vini Liguri vincendo nel 1987 il Premio Vermentino.
La sua azienda è nata nel 2003. Da allora Mauro Feola va a cercare i vitigni migliori, raccoglie le uve da vigneti lontani dal mare, perché – ci spiega – qui «"la mineralità è diversa dalla sapidità delle vigne al mare ,dove il sole è piu' forte e le temperature piu' alte con il suo potere ossiditativo rende i vini meno longevi e fini.Nell'entroterra è piu' difficile produrre e molte le variabili ma grazie ad una maggiore escursione termica e freschezza dei terreni esistono le condizioni per ottenere grandi vini longevi ed equilibrati.
Il suo vino, il «Ghenefusse», Rossese di Dolceacqua doc nasce dall’uva che cresce sulle ripide pendici dell’entroterra a Soldano, da vigneti di trent’anni. Fa parte di una piccola ma sceltissima produzione: nel 2006 ne sono state prodotte 2000 bottiglie.
«Non basta – dice Mauro Feola – potersi confrontare con altre realtà produttive liguri. Bisogna avere uno sguardo più ampio. La Liguria ha la propria tipicità, deve saperla esaltare. E ci sono errori, da correggere. L’enologo deve trovare il giusto equilibrio tra le diverse componenti, rispettando le annate e conoscendo i microclimi lavorando soprattutto nella vigna ». Il Rossese, per esempio, è molto diverso, secondo che sia prodotto a Dolceacqua o ad Albenga. Eppure la distanza non è molta. «Il Rossese – racconta Mauro Feola – è un vino difficile. Lo è, almeno, come il pinot nero, che rimane un punto di riferimento per ogni enologo. Il miglior risultato si ottiene tenendo insieme tutte le diverse componenti in un morbido equilibrio senza esasperate macerazioni delle bucce.
La cucina ligure non è grassa e non ha bisogno di vini con decisa componente tannica, ricercata, invece, per altri vini, nati per abbinarsi a piatti di altre tradizioni. Il Rossese di Dolceacqua è perfetto per la nostra cucina dell’entroterra deve avere una propria personalità, un’identità marcata ma deve poter offrire equilibrio ed una piacevole morbidezza e longevità».
Sulla longevità insiste, in particolare, Mauro Feola. E si capisce perché: i vini liguri sono sempre stati penalizzati dalla scarsa capacità di conservarsi.
Qualche volta la longevità ha il suo costo:perchè il vino duri a lungo si deve partire da lontano fin dalla scelta dei cloni e dei portainnesti e del sistema di allevamento,solo dopo una decina di anni la vigna inizia a produrre con la giusta armonia le uve che opportunamente diradate vengono raccolte quando raggiungono compatibilmente con l'andamento stagionale il migliori indici di maturazione e portate in cantina nelle ore piu fresche e vinificate senza fretta sulle fecce nobili fino in primavera.Degustando ed annusando sempre pensando al futuro dove i piccoli interventi dell'Enologo sono sempre improntati al raggiungimento e mantenimento dell'equilibrio che il consumatore potrà percepire solo se il prodotto verrà messo in commercio quando lo deciderà il vino.
Continua a spiegarci Mauro Feola: «I clienti imparano a conoscere i nostri vini e vogliono che sia loro assicurata una continuità. Vogliono ritrovarli, con quelle caratteristiche, anno dopo anno. Ci si affida a un protocollo: secondo la qualità delle uve e l’andamento stagionale, si fa diradamento dei grappoli .
Nel Ponente sono stati fatti investimenti importanti e sono nate molte piccole ma attrezzatissime cantine anche da parte di stranieri innamorati come me del nostro entroterra. Ora, il segreto, oltre alla nostra capacità di produrre buoni vini, deve essere nella nostra capacità di portarli lontano. Con i nostri vini, viaggia l’immagine della nostra regione. Chi li scopre, deve poter provare la curiosità di venire a conoscere la terra da cui originano».
Mauro Feola parla come chi della sua terra è innamorato. Ne conosce le potenzialità. Non gli piace dover accettare che, per troppo tempo, sono state mal sfruttate e che i territori migliori per il vino, i più grati, i meglio esposti al sole, hanno dovuto combattere un’impari battaglia contro gli interessi dell’espansione edilizia.
La conversazione con Mauro Feola ci porta fuori dalla Liguria. Sono i nostri tempi, c’è la globalizzazione, e tutto è legato a tutto. C’è, così, chi riscopre la Liguria e magari arriva qui da molto lontano e ci aiuta a notare aspetti che ormai a noi sfuggono. E c’è chi, trovando incentivi, convenienza, minor costo delle terre e della mano d’opera, sposta le proprie aree di produzione verso Est. Senza la vite, come senza l’ulivo, l’entroterra ligure si svuota. Si spopola. E i problemi che potrebbero trovare una soluzione si ingigantiscono. Lo sa bene l’enologo Mauro Feola: sembra che lo scritto di Giovanni Boine sugli ulivi del nostro Ponente, benché del 1911, non sia mai scaduto d’attualità.
«Si è fatto molto, negli ultimi anni – dice Mauro Feola – e lo sforzo va riconosciuto. Il settore turistico ha perso posti di lavoro, ma l’agricoltura di eccellenza potrebbe restituire quello che si è perduto. Come? Mantenendo la peculiarità del territorio,rivalutando il patrimonio ampelografico della Liguria dando il giusto rilievo ai nostri prodotti con una DOC che preveda il Vermentino e Pigato Superiore e Passito ed una IGT che dia lustro ai vitigni antichi fecendoli conoscere, facendoli girare… E’ di prossima uscita un libro dedicato ai vitigni della Liguria Occidentale realizzato in collaborazione con Alessandro Giacobbe e A.Carassale con un ampio spazio dedicato ai vitigni piu’ rari quali il Rossese Bianco ,la Massarda,il Vermentino Nero,la Granaccia,Bosco,,Barbarossa,la Lumassina, il Scimiscia ed il Moscatello di Taggia ed altri .
L’agricoltura combatte il decadimento dell’ambiente e conserva abitanti agli entroterra, dove c’è più acqua e i terreni sono più freschi. Dove, infine, si sentono meno il cambiamento del clima e la concorrenza con l’edilizia. L’agricoltura combatte l’inquinamento: 1 ettaro di vigneto toglie ogni anno dall’atmosfera 700 tonnellate di anidride carbonica.Eppure si continua questa suicida politica Europea degli incentivi all’estirpazione. Si sa dare il giusto valore a tutti questi aspetti?». La risposta è: no. Forse no. Non abbastanza, perché le logiche di breve periodo sono, spesso, troppo avide di risorse, troppo veloci, troppo impazienti, troppo distruttive.
Produrre vino è un pezzo – il più visibile, forse – di una catena quasi sotterranea fatta di insistenza, di amore, di ricerca. Pensiamo a quanto si potrebbe fare, in Liguria, a partire dal vino: poiché fa nascere curiosità, il vino potrebbe essere un apripista, il “veicolo” di una scoperta. Poiché si abbina ad altri sapori, potrebbe aiutarci a far conoscere tutti i sapori della nostra tradizione enogastronomica e farla diventare un “tema” del viaggio (o del soggiorno) in Liguria. Poiché il vino ha bisogno di terre lontane dalla speculazione e dall’inquinamento, la vigna, da cui lo si produce, è la prima spinta verso la conservazione dei nostri entroterra – che, al tempo stesso, ridiventando produttivi, tornano vivi. «Nessun vino è un prodotto casuale e isolato – conclude Mauro Feola – ma nasce come punto d’incontro tra il clima, il terreno, l’uomo». L’uomo e il suo lavoro. È duro, quello di vigna, eppure soltanto se la si lavora, la vigna mantiene le sue caratteristiche.
“Specchiodivite” come scommessa: abbiamo cominciato dicendo così. Mauro Feola vuole portare la tradizione all’eccellenza e, dentro quella tradizione, non si stanca di sperimentare. In questi anni, oltre a produrre il «Ghenefusse»Rossese di Dolceacqua, di cui abbiamo già detto, e il "Sansciaratto",Vermentino doc Riviera Ligure di Ponente sotto zona Riviera dei Fiori,il Pigato Riviera Ligure di Ponente "O mai bèn" ,ha sperimentato un "Vermentino gelato" che colpisce con la sua persistente cremosità unica nei "sorbetti alcolici" in collaborazione con l'amico Claudio dell'Isola del Gelato di Diano Marina ed il Pandolce al Vermentino in collaborazione con il Maestro Paolo Testero ed il "Pan de Luigi" pandolce al vermentino "Sansciaratto" riserva 2003 dedicato a suo padre ,con l'uvetta passita di vermentino.…