Ospiti di case spartane ma ricche di tradizione, si esce in mare sui pescherecci e si mangia secondo le migliori ricette. Spendendo poco.
Esistono pacchetti di 4-5 giorni già a partire da 300-350 mila lire, comprensivi di battute di pesca, soggiorno e pasti in ristoranti convenzionati che, di solito, sono gestiti dalle mogli dei pescatori. «L'obiettivo è di far riscoprire all'Italia la cultura marinara» dice Nicolò Vella, presidente dell'Associazione nazionale Città del pesce di mare nonché sindaco di Mazara del Vallo, uno dei porti più importanti del Mediterraneo con 350 pescherecci e oltre 3 mila addetti.
«Oltre alle spiagge e ai bagni» aggiunge Vella «i mari italiani offrono pesci di alta qualità, base di una gastronomia che comprende anche i prodotti dell'entroterra come, per esempio, olio e vino». L'ittiturismo, inoltre, permette di allungare la stagione turistica nelle città di mare: è soprattutto a primavera o a settembre-ottobre, infatti, che i banchi di pesce sono più ricchi. Garantendo al turista a bordo emozioni a non finire.
NON DI SOLA ORATA
È di 23 chilogrammi il consumo medio pro capite di pesce in Italia, due terzi del quale nei ristoranti. Orate, alici, spigole e merluzzi sono le quattro specie ittiche più richieste. Ma ce ne sono centinaia meno conosciute e buonissime che popolano i nostri mari. Per promuoverne il consumo, l'Unci Pesca e le 17 città del pesce di mare (tel. 0577-271651) hanno avviato una campagna sul «pesce dimenticato», che presto sarà anche garantito da marchi sulla provenienza e la qualità.
Il tour, partito da Viareggio, sta diffondendo la cultura gastronomica marinara, con ricettari tradizionali salutari ed economici, a base di fustelle, sugarelli, alaccie, argentine, spatole, zerri, menole, boghe, triglie, gronghetti, nelle varianti e nelle denominazioni dialettali dei porti d'Italia.
«Quasi il 40 per cento del pescato viene ributtato in mare» si rammarica il presidente delle Città del pesce, Nicolò Vella, «perché non trova collocazione sul mercato. Ed è un vero peccato».