Il risultato di questa vasta sperimentazione pluriennale condotta
dal Dipartimento di Scienze, Tecnologie e Mercati della Vite e del
Vino della facoltà di Scienze Naturali Fisiche e Matematiche
dell’Università di Verona in collaborazione con il Parco Scientifico
di Verona (Star) e con il consorzio Terre di Fumane, è stato
presentato nell’ambito del convegno Progetto AmarOne: un modello di
collaborazione tra Università, Istituzioni e Aziende tenutosi, lo
scorso 18 maggio, a Villa Ottolini Lebrecht, sede del corso di
laurea in Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche della facoltà
di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’ateneo veronese.
L’équipe scientifica, coordinata dal responsabile Roberto Ferrarini,
docente di Enologia, ha svolto una ricerca articolata con lo
sviluppo di protocolli per valutare l’impatto delle diverse
condizioni termoigrometriche sulle velocità di appassimento delle
uve e ha studiato il loro effetto sul metabolismo dell’acino, in
particolare per le specie Corvina, Corvinone e Rondinella per le
quali sono stati formulati modelli matematici in grado di meglio
gestire il processo di appassimento.
“La fattiva collaborazione tra mondo della Ricerca, settore
produttivo e istituzioni – sottolinea Roberto Ferrarini,
responsabile scientifico del progetto - nasce nella fattispecie dal
consenso avuto nell’ultimo decennio dal vino Amarone. Un fenomeno
interessante nel panorama del mercato internazionale dovuto alle
particolari condizioni pedoclimatiche del territorio veronese della
Valpolicella e in particolare alla tecnica di appassimento delle uve
di cui si avvale”.
Una pratica antica quella dell’appassimento delle uve di cui parla
Cassiodoro, ministro del re Teodorico, già nel 500 d.C., un vino
“Amaro”, racconta Scipione Maffei (1675-1755) a testimoniare le
radici etimologiche dell’Amarone, la cui prima bottiglia ufficiale
apparve nel 1940.
“Prodotto nell’area della Valpolicella, territorio D.o.c. del vino
veronese – spiega ancora Roberto Ferrarini -, l’Amarone viene
ottenuto da uve rosse di vitigni autoctoni vinificate dopo
appassimento condotto in fruttai che tradizionalmente si protraeva
anche fino al mese di febbraio. Le tecniche più accurate di gestione
del vigneto, congiuntamente alle modifiche del clima che sono
intervenute nell’ultimo ventennio, hanno portato ad un anticipo
dell’epoca di maturazione e dunque a un anticipo del periodo di
appassimento in fruttaio con tempi e condizioni termiche di
permanenza in fruttaio diverse da quelle del passato. Ecco perché i
risultati della sperimentazione possono essere di aiuto ai
produttori per diversificare il controllo del processo di
appassimento”.
Ospite d’eccezione al convegno Bernard Donéche, preside della
facoltà di Enologia dell’Université Victor Segalen Bordeaux 2,
ateneo d’eccellenza mondiale, che terrà una lectio magistralis sul
“Ruolo delle pareti cellulari della buccia dell’uva nel corso della
surmaturazione provocata dalla Botrytis cinerea”.
Accanto all’équipe di ricerca sono intervenuti Roberto Giacobazzi,
preside della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
dell’ateneo veronese, Giorgio Simonetto presidente di Veneto
Innovazione, Zeno Varanini direttore del Dipartimento di Scienze,
Tecnologie e Mercati della Vite e del Vino, Alberto Aldegheri
presidente del Parco Scientifico di Verona, Stefano Cesari
responsabile della ricerca per Terre di Fumane e Marzia Barbetta,
direttore dello Star di Verona.
silvia.fazzini@univr.it |