Parliamo di aromi del vino vale a dire d'odori, che possono essere gradevoli (e denominati profumi) o sgradevoli (le puzze), e che sono effetto della presenza di sostanze chimiche naturalmente sviluppate dai lieviti nel vino alla presenza di un adeguato substrato.
Gli aromi si possono classificare in tre gruppi: i primari, quelli tipici dei vitigni e delle uve, fruttati o aromatici, come nel caso della malvasia, della freisa, del traminer ed altri; secondari, cui appartengono gli aromi di fermentazione; terziari, derivanti dall'invecchiamento.
Dall'esame olfattivo noi ricaviamo l'aroma in senso stretto ma nella fase di valutazione del sapore le sensazioni assumono il carattere di aroma retronasale e, nel procedere del tempo dopo l'assaggio, valutiamo la persistenza aromatica.
L'aroma in senso stretto si rivela per mezzo dell'inspirazione vicino ad un bicchiere di vino e nell'annusare si evidenziano i difetti che dipendono da costituenti volatili.
L'aroma retronasale è avvertito per un meccanismo espiratorio e completa nelle sensazioni il primo impatto con la bevanda: per esempio in questo modo emerge il senso di sapidità o l'astringenza dovuta alla presenza di particolari tannini che talora interferiscono sfavorevolmente nella percezione degli aromi fiorali o fruttati.
La persistenza aromatica viene valutata, dopo aver inghiottito il vino, nel prolungamento olfattivo e gustativo dei sentori avvertiti. Esiste una relazione tra la durata della persistenza e la qualità del vino e si misura in secondi, 2-3 per i vini ordinari, 12-15 per i vini più nobili.
La vinificazione svela il profumo primario nascosto nel frutto e nell'elaborazione della struttura del vino può nascondere aromi che solo con il tempo verranno sviluppati in maniera compiuta, come nel caso del sauvignon bianco che, appena la fermentazione è terminata ha poco carattere specifico ma solo un mese dopo può meravigliare per la sua intensità. Altro esempio è dato dal moscato, il cui carattere odoroso è dato dai terpeni, gruppo di composti che si ritrovano negli oli essenziali vegetali: il geraniolo e il nerolo che ricordano la rosa, il linalolo che sa di legno di rosa, il terpineolo che ha un odore canforato e il citronellolo che ricorda il limone. I mosti di uve o i vini di diverse varietà di moscato contengono da 0.5 a 3 mg/l di terpeni che, tra l'altro, si evidenziano anche nei riesling, nei muller-thurgau seppure con concentrazioni più basse.
Altri vitigni determinano i caratteri aromatici di tanti vini di qualità e mi piace ricordare come l'ugni-blanc, che nella regione dello Charente prende il nome di saint-emilion è il vitigno del cognac (!) ed è.... il nostro Trebbiano.
Gli aromi prefermentativi, cioè composti volatili che non esistono nell'uva ma si formano al momento della rottura dell'acino, nel momento in cui le cellule componenti mettono in moto enzimi che "rompono" molecole di acido linoleico e linolenico e formano composti volatili.
Con la fermentazione abbiamo, oltre all'alcool, prodotti secondari importanti: alcuni sono saporiti, come l'acido succinico che è anche salato e amaro, altri, che formano il profumo secondario sono volatili e odorosi, responsabili dei caratteri gustativi.
L'alcool è il supporto per gli elementi profumati e aromatici che danno personalità al vino. Gli aromi di fermentazione appartengono a diverse famigli chimiche: acidi, alcoli, aldeidi, esteri e la loro presenza percentuale varia così come la soglia di percezione, cioè la minima quantità di una sostanza necessaria per essere riconosciuta all'assaggio: l'acetato di etile, che conferisce l'odore acetoso, per essere percepito deve essere nella concentrazione di 17 mg/l, l'acetato di isoamile, che esprime aroma di banana, vede la sua soglia a 0.2 mg/l.
Premesso che nei vini bianchi è bene tenere la T a livelli tra i 12-13° e i 24-25° per evitare di disperdere le sostanze aromatiche, i prodotti odorosi sono in stretta relazione con l'alimentazione dei lieviti: ora, se è vero che il profumo secondario dipende dal contenuto in zuccheri delle uve e dal loro grado di maturazione, gli aromi vengono sviluppati dalla presenza di alcoli superiori che derivano dal metabolismo dei lieviti e dalla relativa trasformazione degli amminoacidi.
Se è vero che i profumi secondari vedono protagonista il processo fermentativo, occorre ricordare che gli aromi varietali sono prefermentativi, fermentativi e postfermentativi e condizionano la qualità dei vini: l'odore di fermentazione aggiunge sostanze percepibili ma il profumo primario dovrebbe restare dominante. Una parte del profumo di fermentazione è molto volatile e, trascinata dall'anidride carbonica, scompare durante lo stesso processo fermentativo e nei primi mesi di fermentazione: si liberano 50 litri di gas per ogni litro di vino e, soprattutto nei vini rossi, possiamo valutare l'anidride carbonica un elemento estraneo e in disaccordo soprattutto con la componente tannica.
Nelle fasi di trasformazione dall'aroma primario al bouquet avvengono reazioni chimiche di modificazione della struttura molecolare di alcune sostanze accompagnate dalle ossidazioni che avvengono a contatto con l'aria; se il vino, durante i primi anni di invecchiamento, non ha nessun genere di relazione con l'aria il bouquet si sviluppa meglio e nel legno (nelle barriques così come nelle botti) il complesso dei profumi si forma per consolidarsi, se tenuto nelle condizioni migliori, in tappate bottiglie. In ogni caso le modificazioni dei polifenoli della famiglia dei tannini costituiscono comunque una fonte di bouquet e un patrimonio da esprimere nei vini: lo sviluppo di questo tema disegna ancora oggi nuove frontiere della tecnica enologica.
A proposito del legno dedicheremo un capitolo a parte sull'influenza esercitata e sui vizi e le virtù del connubio vino-rovere di Slavonia.