Riflessioni sulla degustazione.
Senza voler criticare il lavoro di nessuno, considerata la ricca letteratura sull'argomento, nonchè il grande numero di opinionisti, credo sia opportuno riflettere sulla "incomunicabilità" delle esperienze del corpo.
La degustazione, purtroppo o per fortuna, è una di queste.
Sappiamo che esistono esperienze esteriori ed esperienze interiori o, in altri termini, esperienze che possono essere "comunicate" ed esperienze che non lo sono, perché costituiscono una "memoria del corpo".
L'esperienza della degustazione è data dal corpo.
E' impossibile "raccontare" un vino a chi quel vino non lo ha mai assaggiato.
Eppure si tenta di farlo continuamente, nelle riviste specializzate, nelle guide, sul web ...
L'impossibilità di raccontare l'esperienza degustativa e dovuta al fatto che durante la degustazione il vino è diviso in frammenti, in oggetti separati.
Essi possiedono una esistenza indipendente. Sono i nostri sensi a farli esistere.
Certo, il vino che stiamo assaggiando può essere tradotto in "discorso", lo si può definire con i termini della natura, della fisica o della chimica, ovvero col tono delle confidenze intime.
Tuttavia quel dato vino, in quanto "discorso", è differente dall'esperienza che ne fa il corpo.
L'esperienza della degustazione può essere descritta, ma non è la stessa cosa della “conoscenza” di quell'esperienza.
Quest'ultima conoscenza è infatti interiore, comunicata dai sensi attraverso il corpo.
Un corpo pervaso dai sensi che il vino può dare è una combinazione di sapori, odori, sensazioni, suggestioni, ricordi.
In questo momento sto cercando di convertire tutto questo in discorso, ma so che esiste un'intera dimensione inespressa.
La conoscenza si riduce al corpo, ma è anche qualcosa di più del corpo.
In altre parole l'esperienza esteriore e quella interiore sono separate.
L'una può essere comunicata sulla linea di confine del discorso, l'altra la convertiamo in discorso ma sappiamo che si tratta di una memoria codificata "dentro" il corpo.
E' impossibile separare quest'ultimo genere di memoria da se stessi.
Solo quello che può essere staccato da se stessi è descrivibile.
I sensi, inoltre, sono limitati: non abbracciano l'intera personalità del vino.
Il tatto inevitabilmente frammenta, decompone. Così come un corpo di cui si fa esperienza attraverso il tatto non è mai un'entità, ma solo la somma di frammenti esistenti fianco a fianco, che non creano una forma, non sono una struttura, … così il vino, o il cibo.
Per questa ragione la vista, il gusto e l’odorato, come il tatto, diventano sensi frammentari nel corso della degustazione.
Si concentrano su un frammento del vino: sulla fluidità, sul colore, sul sapore, etcetera.
Il vino ci è offerto da prospettive differenti, da angolature inconsuete, in primi piani che ingigantiscono.
Sembra che il vino venga dissezionato, quasi ridotto ad atomi, disperso, toccato dall'interno nella sua viscosità e secchezza, umidità, ruvidità e temperatura.
I nostri sensi ne fanno risaltare la struttura, penetrano fino allo scheletro, facendolo emergere dalla non-esistenza e consegnandolo ai sensi e alla coscienza del degustatore.
Finora il vino era solo un liquido, ora comincia a esistere. In altre parole i sensi diventano una dissezione che donano la vita, ma anche in questo caso il vino conserva la sua struttura frammentaria e non crea una personalità, o quantomeno ne crea una del tutto diversa.
Il vino durante la degustazione è rivoltato come un guanto ed è sperimentato dal suo interno.
Anche la funzione del linguaggio nell'esperienza degustativa viene trasformata.
Il linguaggio torna alle sue radici, a volte è inarticolato, un suono onomatopeico, come se solo allora iniziasse l'apprendimento dei nomi e delle cose. Oppure è articolato e la sua funzione è prossima alla magia, provocando l'esistenza di una cosa o di un'azione soltanto col nominarle.
La degustazione è dunque sempre un atto cognitivo: il vino è dissezionato e i sensi si controllano l'un l'altro continuamente: la vista si vede attribuire alcune funzioni del tatto, così il gusto con l’olfatto, e viceversa.
E' come se l'esistenza del vino venisse continuamente messa in discussione e richiedesse una continua dimostrazione.
In questa prova l'istanza suprema e finale è rappresentata dal corpo di quel determinato degustatore.
Ma l'aspetto paradossale, e triste, della degustazione, consiste nel fatto che la sua realizzazione assoluta è impossibile. La prova è possibile solo durante l'atto stesso.
Nel momento in cui la degustazione finisce il degustatore ed il vino tornano ad essere separati.
Devono essere di nuovo sottoposti a prova.
E la prova è possibile solo durante l'atto stesso, appellandosi nuovamente al corpo.
Perchè il corpo è un'essenza, l'unica essenza.
E questa, come nel caso dell'amore, è forse la ragione del fallimento di quella esperienza del corpo che chiamiamo "degustazione".
Pierpaolo Paradisi
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