(AGI) - Roma, giu. 2012 - I tecnici vitivinicoli mettono in guardia dal pericolo Cina. Da qui a dieci anni il gigante asiatico riuscira' a produrre vini di qualita', in grado di fare concorrenza al nostro made in Italy.
Da mercato di sbocco per l'export italiano, in un futuro non troppo lontano, il Paese asiatico diventera' un competitor dei vini nostrani. Di questo pericolo e' meglio prendere atto subito e correre ai ripari. E' l'avvertimento lanciato da Assoenologi - l'organizzazione dei tecnici del settore vitivinicolo italiano - al 67° congresso nazionale di categoria, in corso in questi giorni a bordo di "Costa Atlantica", in navigazione da Savona a Ibiza.
Sempre di piu' la Cina fa parlare di se'. Un mercato da presidiare, ma da cui e' necessario iniziare a guardarsi le spalle. "I cinesi si stanno attrezzando per aggredire i mercati di sbocco italiani", ha dichiarato il direttore generale di Assoenoligi, Giuseppe Martelli, nel corso del suo intervento.
"A dircelo sono i dati. La Cina, ricorda, e' il Paese che impianta di piu' al mondo ed e' giunta a produrre ben 30 milioni di ettolitri di vino all'anno, poco meno della meta' della produzione complessiva italiana. Una produzione che non potra' trovare solo sbocco sul mercato interno e che quindi dovra' trovare nuove valvole di sfogo". Altro elemento da non sottovalutare sono gli ingenti investimenti in macchinari e tecnologia, ma anche in know how che il gigante asiatico sta compiendo. Il livello dei vini prodotti all'ombra della Grande muraglia, rassicurano gli esperti italiani, per ora non preoccupano.
Tuttavia, spiega Martelli, "le joint venture che vengono fatte tra Cina e Paesi europei ci fanno pensare ad un incremento di qualita' decisamente interessante che, di qui a dieci anni, potrebbe individuare delle sfere di mercato che fanno gola anche agli europei". Inizialmente, secondo le previsioni di Assoenologi, i mercati di sbocco cinesi dovrebbero essere quelli asiatici, dove i consumatori intendono il vino in modo diverso da noi. Il vino cinese, conclude Martelli, potrebbe essere veicolato anche attraverso le migliaia di ristoranti cinesi presenti nel mondo.
Per adesso il pericolo e' scongiurato, affermano gli enologi, ma e' necessario ripensare il modo di aggredire i mercati stranieri. Nonostante il fatto che il vino italiano piaccia e resti quello piu' venduto nel mondo, come dimostrano i piu' recenti dati sulle nostre esportazioni - che nel 2011 hanno registrato un incremento del 12% in valore e del 9% in volume rispetto al 2010 - l'Italia non puo' permettersi di dormire sugli allori. (AGI)
Annotazioni di Roberto Gatti direttamente da Shanghai
Solo due osservazioni a questo grido d'allarme lanciato da Martelli :
la Cina fa impressione e paura da un punto di vista dei numeri, basta pensare al numero di abitanti 1.400.000.000 ( unmiliardoquattrocentomilioni ) di persone, quindi una forza e potenzialità devastanti su ogni fronte.
Ma gli italiani hanno cultura secolare nel settore enologico, quindi se i vini non saranno di alta qualità, credo che in Italia non troveranno facile collocazione, oppure andranno a competere con i vari Freschello e Tavernello.
In secondo luogo potranno copiarci quasi tutto, ma i nostri vitigni autoctoni rimarranno sempre e solo nostri, abbiamo già degustato dei nebbiolo prodotti in giro per il mondo, ma il risultato è stato tutt'altro che soddisfacente.
Quindi se pericolo ci sarà, potrà essere solo per la fascia bassa dei nostri vini, almeno tra dieci anni, in seguito seguiremo gli sviluppi.
Roberto Gatti
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