“Le De.co, intese come censimento dei
prodotti che identificano un Comune sono un ulteriore elemento di
distinzione che sicuramente rafforza il valore identitario di un
territorio”. Con queste parole inviate a
Paolo Massobrio presidente di
Papillon e al sindaco di Alessandria Mara
Scagni, il ministro Alemanno ha promosso le denominazioni
comunali. “Il Comune – ha ribadito il ministro per le Politiche
Agricole nel suo lungo messaggio – rappresenta senza dubbio il
soggetto principale, a cui la legge dell’8 giugno 1990 n. 142 dà
facoltà di disciplinare in materia di valorizzazione delle attività
agroalimentari.”
Le De.Co, dunque sono uno stimolo, ribadisce il ministro
concordando con la tesi di Paolo Massobrio e dei
relatori intervenuti al convegno, che va guardato con
simpatia e attenzione. Da qui l’impegno “a
promuovere un tavolo permanente di lavoro per
accompagnare il percorso dei prodotti censiti dai Comuni
verso il riconoscimento comunitario”. |
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“C’è da essere soddisfatti - commenta Paolo Massobrio –
dopo tanti equivoci ingenerati attorno alla possibilità di queste
delibere comunali. Certo le De.Co non portano soldi, e quindi
interessano a pochi. Chi dice che il Comune sarebbe una gabbia
troppo ristretta sa bene che non è questo il problema: i prodotti
comunali ci sono già, il comune, semplicemente li identifica contro
i tentativi famelici dell’omologazione. Starà poi ai soggetti
privati – conclude l’autore de Il Golosario - dare seguito a questa
spinta, con associazioni consorzi, disciplinari e marchi
territoriali”.
“Il marchio collettivo geografico – dice infatti
Orazio Olivieri, esperto di
prodotti a denominazione - permetterebbe di rafforzare il concetto
di De.Co. inquadrando il fenomeno nel canale della tutela. Questo
strumento sarebbe oltremodo opportuno, trattandosi di un marchio che
darebbe tutela di rilevante spessore contro le imitazioni e le
contraffazioni.”
L'impressione è che qualsiasi DeCo non deve
essere un'anticamera, un momento di passaggio verso il tragurado del
prodotto verso il marchio DOP, IGP od altro ancora, ma
un'oportunità su cui far leva per valorizzare seguendo una strada
alternativa e diversa, legando, in senso stretto e nell'immaginario,
il nome di città e paesi con i prodotti, simbolo, tradizione e
cultura.
Tra i vari interventi è poi spiccato quello di
Ermete Realacci, presidente onorario di
Legambiente, primo firmatario
delle legge sui piccoli Comuni, che ha sottolineato come questi
debbano essere difesi: “Partendo – dichiara Realacci - da una cosa
immateriale: cominciando a cambiare l’ottica con cui si guardano i
piccoli comuni.
Proust diceva che il vero viaggio di
scoperta non è nel cercare nuove mete ma nell'osservare tutto con
nuovi occhi. Non bisogna continuare a guardare i paesi
come se fossero lande in via di estinzione, o come luoghi residuali
dello sviluppo: facendo così è una partita persa. Questi luoghi –
continua Realacci - sono una delle radici della qualità della vita
ma anche una reale capacità di competere nella globalizzazione”.
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