La FIVI chiede una deroga per mantenere le vigne di 30 anni di età anche se non conformi ai disciplinari. Si rischia di perdere un patrimonio culturale e di biodiversità
Una deroga per salvare dall'espianto le vigne di almeno trenta anni d'età nelle Denominazioni di Origine, anche se non conformi ai disciplinari. È questa la richiesta che FIVI, invitata dal Ministero a fornire il punto di vista dei Vignaioli Indipendenti agli imminenti decreti attuativi del Testo Unico, ha trasmesso alla segreteria tecnica del MIPAAF. Un messaggio condiviso dai 212 vignaioli che hanno partecipato alla prima edizione romana del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti FIVI, che ha attirato 6.500 persone al Salone delle Fontane dell'EUR.
La tutela dei vecchi vigneti è per i Vignaioli Indipendenti un valore culturale, un patrimonio di biodiversità e un fondamento storico per le denominazioni, indispensabile da salvaguardare. Disciplinari spesso forzati e controlli fin troppo precisi effettuati dagli Organismi di Controllo possono portare all'esclusione di interi vigneti dalle Denominazioni di Origine qualora si ravvisi la presenza di varietà non autorizzate dal disciplinare. L'unica scelta che rimane al vignaiolo è quindi il reimpianto del vigneto e l'eliminazione delle cultivar non previste: un danno di impatto notevole per tutta la viticoltura italiana.
"Si tratta di vigneti che sono la fotografia di come era il vigneto contadino prima dello stabilirsi delle Denominazione di Origine - spiega Luca Ferraro, consigliere FIVI – e che racchiudono tutto il sapere dei nostri padri. Le varietà minori piantate da chi ci ha preceduto erano ottimi comprimari utili a compensare eventuali problemi nelle annate estreme, come capita sempre più spesso".
Senza dimenticare che le vigne più vecchie producono vini di alta qualità. Una perdita che va quindi a discapito non solo del vignaiolo, ma anche del consumatore.
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