22.04.2004 | Cultura e Tradizioni

Lambrusco: non chiamatelo vino minore

Ancora oggi c'è gente che arriccia il naso quando sente parlare di Lambrusco. C'è chi addirittura prova vergogna a ordinare tale vino, così come ci sono ristoranti che non hanno in carta questo prodotto della tradizione Emiliana. Si pensa al Lambrusco come una semplice bevanda gassata, un vinellino di poco conto. Certo è che, se paragonato ai rossi corposi o certi bianchi molto raffinati, il Lambrusco perde inesorabilmente interesse, ma è altresì vero che non tutti i vini per essere definiti tali debbano avere per forza caratteristiche impegnative...

È bene chiarire subito un dubbio: il Lambrusco non è un vino gassificato. Fare vino frizzante o spumante comporta una serie di accorgimenti, spesso costosi, che danno origine a produzioni di interessante rilievo. Il Lambrusco appartiene ad una categoria di vini spumanti che, per essere ben fatti, necessitano di attenzioni che a volte non si trovano nemmeno nell'atteggiamento di coloro che propongono questo vino.

Sarà questione di mode, di rassegnazione oppure di confusione dovuta ai diversi opinion leader del settore, sta di fatto che i produttori di Lambrusco, si rivolgono ad un pubblico legato alle tradizioni locali, finendo così per limitare la proposta al loro confine di produzione. Infatti gli operatori di settore alla parola Lambrusco ripetono in coro: "per fortuna che gli emiliani bevono Lambrusco..sennò chi se lo beve?"

Ma il Lambrusco non è una bevanda impersonale, bevuta solo da chi non se ne intende. È un vino gioviale, ricco d'allegre sfumature aromatiche in grado di regalare una piacevolezza gustativa degna di un consumatore attento. Le zone vocate al Lambrusco si concentrano nell'area emiliana del Modenese e del Reggiano. Tra le tipologie nati nei vigneti che abbracciano Modena troviamo: il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, il Lambrusco Salamino di Santacroce ed infine il Lambrusco di Modena che, al contrario degli altri, è classificato igt anziché doc.

Il Lambrusco di Sorbara è prodotto in una decina di comuni del modenese con una 60 % di uve provenienti dal vitigno in questione, mentre per il restante 40 % è concesso utilizzare le uve del Lambrusco Salamino. Questo accade perché nel Sorbara l'acino ha difficoltà a svilupparsi; ciò si traduce in una vinificazione complicata e in una produzione minore. Per aggiustare un po' le caratteristiche organolettiche, occorre intervenire col Lambrusco Salamino, che tra i Lambruschi del modenese è quello che solitamente si presenta meno carico in quanto colore, con profumazioni fruttate attraversate da sfumature di violetta che fanno onore al suo soprannome: il Lambrusco della viola.

Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, invece, nasce in nove comuni divisi tra le colline e l'alta pianura di Modena. Il suo nome deriva dalle foglie che, di fronte all'autunno, cominciano a rosseggiare assieme al raspo. Generalmente tra i tre lambruschi della città emiliana, questo è quello che presenta un corpo più pieno e deciso a cui si unisce una profumazione sorprendentemente complessa per un vino vivace. Il disciplinare del Grasparossa ammette l'uso anche di uve fortana e di altre tipologie di Lambrusco e prevede la tipologia amabile, dolce e rosata.

Negli undici comuni a nord di Modena troviamo il Lambrusco Salamino di Santacroce. Per produrlo si usano in prevalenza le uve omonime, anche se è concesso l'utilizzo di altre varietà di Lambrusco assieme a frazioni di fortana. Il vino che si ottiene mostra caratteristiche di facile beva definite da una buona freschezza e profumazioni fruttate. Anche in questo caso il disciplinare prevede una versione amabile e dolce.

Se ci spostiamo a Reggio Emilia, troviamo la doc del Lambrusco reggiano, ottenuto con l'uvaggio di tutte le varietà presenti nell'area: Salamino, Montericco, Marani e Maestri a cui si può aggiungere una certa percentuale di Ancelotta, un vitigno tintore usato spesso per migliorarne il colore. Il Lambrusco reggiano ha caratteristiche di facile beva a cui si uniscono aromi fruttati e floreali ed un colore che, ovviamente, non è possibile standardizzare. Di solito i lambruschi di questa zona presentano caratteri di morbidezza più accentuati rispetto quelli modenesi.

Oltre alle doc appena descritte, esiste anche quella del Lambrusco di Scandiano e Canossa che comprende un Grasparossa ed un Montericco, senza tralasciare, inoltre, un'altra doc di cui si parla poco: il Lambrusco Mantovano.
Io ho assaggiato molti Lambrusco, prevalentemente dell'area modenese, e mi sono accorto della differenza che si riscontra nelle differenti produzioni. Una caratteristica non comune a tutti, purtroppo, è la pulizia aromatica che spesso viene traviata da una lavorazione frettolosa.

Tra tutti, quello che più mi ha colpito è il Lambrusco dell'azienda Benedetti. Al contrario di molti altri sfoggia una pulizia olfattiva di tutto rispetto. Questa azienda merita di essere citata per il coraggio che la proprietà sta dimostrando affidandosi alle cure di un enologo di esperienza internazionale: Giuseppe Meglioli, che ha rivoluzionato il vecchio modo di fare Lambrusco. La prima attenzione è posta nelle vigne allevate a cordone speronato, inusuale per quelle zone abituati alla spalliera o al sistema doppia cortina Gdc. Sono inoltre inusuali le densità per ettaro che si aggira attorno alle 3000 piante (numero studiato per meglio mettere le piante in concorrenza tra loro), e il diradamento dei grappoli, assieme alla lotta integrata.

Le curve di maturazione sono studiate attentamente e la vendemmia è eseguita a mano con le cassette per evitare lo spappolamento dei grappoli che comprometterebbe la qualità del vino. In fase di vinificazione si utilizzano i lieviti selezionati e la macerazione a freddo, per estrarre aromi e colore senza la necessità di aggiungere uve di vitigni estranei, effettuando il delestage - rimontaggio alla francese - e la separazione dei vinaccioli. Per la presa di spuma, si utilizza una parte del mosto separato precedentemente e tenuto dolce - filtrato dolce - anziché, come avviene spesso, il mosto concentrato, che non è propriamente adeguato per chi cerca qualità.

In degustazione si presenta con un colore rosso rubino di media profondità e dai piacevoli riflessi violacei. La spuma sottile dall'aspetto setoso da vita ad un perlage soddisfacente. Al naso risulta pulito con profumazioni intense e persistenti che trasportano sensazioni legate a ricordi di banana, fragola, more, ribes e ciliegia con una vena ancora vinosa. Al palato mostra un corpo piacevole, di giusta morbidezza, che ben contrasta le sensazioni legate all'acidità e al tannino. Non si nota una sensazione amarognola eccessiva che delle volte nei lambruschi dispiace.

Al palato è abbastanza elegante, pur non presentando un corpo eccessivamente pieno. Tra gli abbinamenti tipici con il Lambrusco troviamo salumi, insaccati, paste elaborate con condimenti impegnativi, piatti a base d'uova; c'è inoltre chi sperimenta con successo questo vino direttamene con il grana, con la pizza e anche con le grigliate di pesce, specialmente il pesce azzurro. Provare per credere...
(Foto tratte da:
Consorzio Marchio Storico del Lambruschi Modenesi)

Fabio Magnani, Giornalista enoico
fabiomag@linknet.it - autore del libro

Vini dal Cile Viaggio tra i profumi dei vigneti andini -
Edizioni Delmònt, Ravenna Marzo 2002

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