28.10.2001 | Vino e dintorni

La rivoluzione del vino negli ultimi vent'anni

Dalla festa milanese delle enoteche Vinarius spunti significativi per guardare al futuro senza facili illusioni.

L'obiettivo era ambizioso: riassumere, in un paio d'ore di dibattito, i cambiamenti del mercato del vino intervenuti nel corso degli ultimi vent'anni. Un lasso di tempo che da un punto di vista storico appare trascurabile, ma che per il mondo dell'enologia è stato teatro di profonde rivoluzioni. Vent'anni che hanno visto anche la nascita e la rapida crescita di Vinarius, l'associazione che oggi raggruppa 95 enoteche italiane. E proprio per festeggiare questo importante compleanno è stato organizzato un convegno l'8 ottobre scorso a Milano. Un vivace dibattito L'iniziativa, alla quale ha partecipato in veste di organizzatore anche l'Unione Italiana Vini, ha innanzitutto avuto il pregio di riunire in un'affollata sala alcuni tra i più rappresentativi personaggi dell'enologia italiana. Personaggi che hanno dato vita a un dibattito giustamente non troppo autocelebrativo, ricco anche di spunti critici, comunque indispensabili per guardare al futuro senza facili illusioni. Ma andiamo per ordine, e cominciamo a riassumere i contenuti dell'intervento di Attilio Scienza, docente di viticoltura all'Università di Milano. Scienza ha dapprima posto l'accento sulla progressiva accelerazione del cambiamento, aspetto che esprime al meglio il paradigma culturale tipico della nostra epoca. A questo proposito ha ricordato che, solo pochi decenni fa, la vitivinicoltura italiana nutriva assai poca fiducia in se stessa: in un breve lasso di tempo, poi, ha cominciato a misurarsi con vitigni internazionali, e infine a valorizzare i suoi specifici "terroir". Cambiamenti sempre più veloci L'idea di cambiamenti sempre più frequenti e veloci ha rappresentato una sorta di filo conduttore anche dell'intervento di Ezio Rivella, presidente dell'Unione Italiana Vini, che si è concentrato sulle trasformazioni intervenute negli ultimi vent'anni nella tecnologia di cantina. Rivella ha sottolineato che il "motore" di questi cambiamenti tecnologici è stato soprattutto la California, Paese che tra i primi ha promosso l'uso delle barrique e dei recipienti d'acciaio inossidabile. "Spremitura soffice, diraspatura, pompe… in vent'anni la cantina ha cambiato faccia - ha ricordato Rivella - e, nel frattempo, abbiamo finalmente compreso che meno si tocca il vino meglio è". Significative tendenze Ma in questo lasso di tempo il mondo del vino ha anche cominciato a "dare i numeri", nel senso di essere sempre più frequentemente oggetto di studi e statistiche. Proprio su questi aspetti si è brevemente soffermato Ennio Salamon, presidente dell'Istituto Doxa. L'intervento di Salamon ha espresso fiducia nei confronti del futuro, a patto però che le aziende imparino a sfruttare sempre meglio due significative tendenze: dapprima la continua crescita dei pasti fuori casa, e in secondo luogo il fatto che il nostro Paese resti meta turistica privilegiata da milioni di stranieri, tutti potenziali acquirenti di vino. Oltre a Doxa, un altro osservatorio utile per osservare le dinamiche del consumo di vino occorse in questi ultimi vent'anni è rappresentato dalla grande distribuzione. "Nei confronti dei produttori - ha esordito a questo proposito Sergio Soavi, responsabile settore acquisti vini di Coop Italia - forse oggi abbiamo più cose da farci perdonare che da domandare". Ma l'intervento di Soavi, in realtà, ha avuto il merito di evidenziare almeno un importante cambiamento intervenuto in questi ultimi vent'anni nel mondo della grande distribuzione: il sempre più diffuso desiderio di voler lavorare a fianco dei produttori "per incrementare la conoscenza reciproca, e per condividere un importante senso di responsabilità". Tipologie di enoteche Se la grande distribuzione non può ambire ad assumere il ruolo di portavoce della "cultura del vino" nei confronti dei consumatori, diverso è il discorso per quanto riguarda le enoteche appartenenti a Vinarius. Il presidente dell'associazione, Giovanni Longo, ha voluto chiarire quanto sia complesso e variegato il mondo di Vinarius, descrivendo almeno nove diverse tipologie di enoteche oggi presenti sul mercato. Di fronte a realtà commerciali impegnate a gestire in poco spazio un numero sempre crescente di produttori ed etichette, Longo ha poi individuato nel servizio l'arma vincente per affrontare i prossimi vent'anni di lavoro. Tre concetti Ma anche l'industria vitivinicola viene quotidianamente messa a confronto con problematiche sempre più complesse: a questo proposito ha preso la parola Davide Gaeta, consigliere delegato dell'Unione Italiana Vini, che ha fatto ruotare le sue riflessioni attorno a tre concetti. Innanzitutto quello di "concentrazione", che in questi ultimi vent'anni ha assunto una valenza sia positiva (aumento della massa critica e della capacità di penetrazione sui mercati) sia negativa (una sorta di "mors tua, vita mea"). Poi quello di "specializzazione" delle aziende, fenomeno ostacolato dall'ancora ridotta estensione media dei vigneti per unità produttiva e, soprattutto, dall'assenza di una vera e propria politica fondiaria da parte dello Stato. Gaeta si è infine soffermato sullo slogan "piccolo è bello", che nel mercato del vino ha portato indubbi benefici alla difesa del territorio e della tipicità delle produzioni, ma sul quale non si è mai espressa una vera e propria politica industriale dello Stato. Pensare al passato Alla fine di questo convegno è risultato evidente quanto i radicali cambiamenti intervenuti negli ultimi vent'anni convivano con una serie di domande che ancora aspettano risposta. Non solo dallo Stato, ma anche dagli stessi produttori. I numerosi interventi dei presenti in sala, per esempio, hanno messo in luce quanto sia ancora difficile trovare il giusto equilibrio tra l'uso delle denominazioni d'origine, dei marchi industriali e delle singole varietà, autoctone e no. A questo proposito il convegno di Vinarius sembra offrire un suggerimento a un mercato sempre più spesso preda di una convulsa rincorsa al nuovo e al moderno: fermarsi ogni tanto a pensare al passato.

FONTE: IL CORRIERE VINICOLO

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