“Terra Madre è qualcosa di radicale, qualcosa di collegato alla
natura fondamentale delle cose, per vedere il mondo in modo
organico. All’inizio della mia attività a sostegno dell’agricoltura
sostenibile sono stato attaccato e c’è voluto tempo perché il resto
del mondo si accorgesse che quel che dicevo rappresentava la realtà.
I personaggi, tutti i personaggi presenti a Terra Madre hanno
contribuito e contribuiscono alla realizzazione di un progetto in
armonia con la natura e gli esseri viventi.
Oggi questo progetto rappresenta una sfida significativa alle
forze della globalizzazione che spingono per rendere omogenei,
uguali, tutti i cibi.
L’Agricoltura è un pilastro portante della nostra cultura, il motore
della civiltà rurale e non si può ammettere l’esistenza di sistemi
agricoli che incidono sulla miseria e sull’umiliazione degli esseri
umani. L’incremento demografico dei
prossimi anni riguarderà soprattutto i posti più poveri della Terra
e già oggi, per citare un esempio, in un quartiere povero di una
grande città del mondo che non cito perché ho enorme rispetto di
quel popolo, vivono in condizioni
d’illegalità, e in meno di 4 km2, 800.000 persone con meno di 15
anni.
Nel mondo, nonostante le migliori intenzioni di molti, la
conseguenza della globalizzazione è una crescente insostenibilità e
invece, si devono globalizzare le responsabilità.
Sono portato a dubitare che gli Organismi
geneticamente modificati rappresentino un contributo positivo
all’umanità. La fiducia riposta in questi da alcune
persone rappresenta un pio desiderio o la rappresentanza d’intersi
di parte? Manipolare l’Agricoltura è, nella migliore delle ipotesi,
un’attività incerta. Se tutto il denaro
investito nelle biotecnologie e gli OGM, fosse andato a sostenere le
colture tradizionali presenti avremmo registrato un progresso
eccezionale.
L’agricoltura contadina è oggi,
la custode della biodiversità mentre gli
industriali affermano che solo con la ricerca si possono
nutrire milioni di persone. Non è così. Un recente
studio della FAO. |
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In diversi Paesi, a Cuba, in Kenya, in Pakistan, in
Etiopia e in altri ancora le coltivazioni biologiche portate avanti
da agricoltori locali hanno aumentato le produzioni annue rispetto
ai sistemi tecnologici. L’identità
culturale ha le sue radici nella lavorazione della terra,
le tecnologie ne aumentano la spaventosa urbanizzazione ed
impediscono all’uomo il contatto con la natura”.
Nel mondo sviluppato stiamo invece creando
un sottoproletariato impoverito dal punto di vista nutrizionale,
allevato con i fast food ed un futuro inquietante. Dicono
che il fast food sia un cibo economico ma i costi umani ed
ambientali sono esclusi dai calcoli. Un plauso doveroso va quindi
all’energia incessante di Carlo Petrini, Slow Food è cibo
tradizionale, cucina locale. Con un paragone che mi è caro, vorrei
dire che lo stesso si può applicare agli edifici che rappresentano
il senso di comunità ed il radicamento. Non vogliamo avere blocchi
di cemento anonimi né acquistare cibo spazzatura. Sostenibilità e
naturalità sono meglio delle mere convenienze per mantenere il
nostro equilibrio. John Ruskin
ha detto che la cultura senza arte è
brutalità, io sono convinto che la
profonda conoscenza della matrice locale sia fondamentale e voi
rappresentate l’agricoltura veramente sostenibile.
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