A dirigere i lavori
il giornalista del giornale partenopeo,
Luciano Pignataro il quale ha coordinato gli interventi
di cinque grandi ospiti ritenuti tra i migliori enologi italiani del
momento: il toscano Carlo Ferrini,
il piemontese Franco Giacosa, il
campano Luigi Moio, l’umbro
Angelo Valentini e il toscano
Lorenzo Landi.
Presente in sala anche un cospicuo numero di produttori, operatori
di settore e soprattutto diversi rappresentanti delle istituzioni
interessate come Cosimo Callisto,
della Camera di Commercio di Napoli, Vito
Amendolara, presidente di Coldiretti Campania,
Gennaro Limone, dell’assessorato
all’Agricoltura della Regione Campania e di
Carlo La Mura, coordinatore dello sportello sprint
della Campania e referente del ministero delle Attività Produttive.
E’ proprio dagli enologi che è emerso il concetto di
Made in Italy come risposta del mercato
italiano alla crisi maturata dalla concorrenza internazionale.
Oltre 350 vitigni autoctoni quindi da rendere attivi nella
produzione “nostrana” al fine di creare un mercato
particolareggiato. In particolare Luigi Moio ha voluto indicare che,
pur non rappresentando l’indicazione autoctono uguale a vino buono,
su questa strada si può trovare la soluzione migliore per affermarci
fuori dai confini nazionale, dichiarando “oggi vince la specificità
territoriale dei vitigni”.
Anche Angelo Valentini, che insignì papa Giovanni Paolo II del
titolo di sommelier onorario nel 1980, ha sottolineato il valore
delle tradizioni italiche quale strumento vincente. “La
dimostrazione – ha affermato – viene dalla cucina nostrana che
all’estero trova proseliti proprio perché ripropone nostre radici
culturali”.
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Alessandro Maurilli
almapress@tiscali.it |