Valori medi riferiti al 2001, perché la forte richiesta di questi terreni collinari (e la scarsità dell'offerta) hanno visto anche transazioni su livelli superiori, con punte di 100 milioni (vecchie lire) per ettaro per aziende con vigne e fabbricati ben tenuti. Insomma, in tempi di Borse calanti e di investimenti a rischio, i risparmiatori non cercano solo case o uffici ma anche i terreni agricoli, le cui quotazioni da 5 anni a questa parte crescono in termini reali e hanno accentuato la tendenza al rialzo: +4,5 nel 2001 di media, con punte di +8,8% nel Nord-est.
Se il valore medio dei terreni in Emilia-Romagna è sui 20.000 euro/ettaro (circa 40 milioni delle vecchie lire), il Bolognese sta sopra la media: vigneti a parte, le aziende di pianura dedite ai cereali quotano fino a 44.000 euro, gli orti di pianura fino a 41.000 euro. Solo in montagna i valori scendono, fino a 10-13.000 euro. La crescita più vistosa comunque è quella dei vigneti, che in vent'anni hanno quadruplicato il valore. E adesso piovono richieste anche da fuori regione, da parte di investitori interessati alle aziende che fanno cabernet, merlot o pignoletti ormai stabilmente collocati nelle zone alte delle guide del vino. «L'interesse per le nostre aree — dice
Francesco Lambertini, presidente del Consorzio dei vini dei Colli bolognesi — va di pari passo con l'evoluzione qualitativa delle nostre produzioni, ed è motivato anche dal fatto che in Toscana o nelle Marche non c'è più niente da comprare».
L'interesse viene da investitori professionali che non cercano solo il podere in collina, anche nuove occasioni di business. «D'altronde – aggiunge Lambertini – i vigneti rendono, i nostri vini vengono collocati tutti sul mercato grazie anche ad un ottimo rapporto qualità/prezzo, si creano nuove occasioni di turismo legate al territorio». Ma anche i terreni di pianura sono ricercati. «Abbiamo calcolato nel 2002 – dice il direttore dell'Unione agricoltori bolognese, Andrea Flora – una rivalutazione del 10-15% anche per le aziende irrigue di pianura che fanno seminativi. Il che è un po' un paradosso, perché la redditività di queste aziende è calante. Però la scarsa offerta e la corsa a quello che viene considerato un bene-rifugio tiene alte le quotazioni».
di Lorenzo Frassoldati
Fonte: Il Resto del Carlino |