L'ultima scoperta storico-gastronomica, riportata anche sull'Atlante dei Salumi di Corrado Barberis: «Il Cotennino di Parma».
A Parma esisteva anticamente un…. Borgo Bondiola, sempre della coppa o bondiola si trovano riferimenti inequivocabili fin dal 1680. Infatti Giuseppe Mitelli nel suo «Gioco della cuccagna», che contiene le peculiarità gastronomiche di molte città italiane circa le «robbe mangiative», indicava fra i salumi tipici di Parma coppa e bondiola e cioè quei «salumi investiti» vale a dire insaccati. Casimire Freschot nel suo «Memoires des Cours d'Italie», nel 1711, parlando di un viaggio in Italia cita fra le leccornie rimaste maggiormente impresse nel suo già raffinato palato francese, alcuni prodotti particolarmente gustosi e, fra questi, oltre al formaggio, anche «un certo salume chiamato bondiola d'un gout très exquis». Per quanto concerne il salame, nel 1735, ad esempio, un calmiere della carne norcina comprende il salame grasso di Felino a soldi 24 , quello magro a soldi 30, testimoniando così che, a quell'epoca, il salame era il prodotto più caro di carne suina.
L'ultima scoperta storico-gastronomica, riportata anche sull'Atlante dei Salumi di Corrado Barberis ( edizione ERI), va però ascritta a Claudio Ronchei «mastro norcino» di San Vitale Baganza. Si tratta del «Cotennino di Parma».
Innanzitutto, cos'è il «cotennino» ? Ronchei, che ha l'hobby della ricerca storica e vanta ormai una biblioteca di antichi volumi che trattano appunto le origini e la storia dei «mangiari» parmigiani, è in grado di fornire una riposta in base ad un riferimento storico del XVIII secolo sull'agricoltura compilato dall'Amministrazione Moreau Saint Mery. Infatti si tratta di un importante trattato «sopra i majali dedicato a Sua Eccellenza Mederico Luigi Elia Moreau de Saint Mery» diviso in numerosi paragrafi. Comunque, sul cotennino, esistono altri riferimenti storici datati 1437 circa. Ecco cosa recita uno di questi scritti: «i cotennini sono una sorta di salumi che l'arte solamente ha renduti eccellenti. Quei di Modena e di Ferrara sono famosi per tutto quasi l'Italia, ma se ne fabbrica tra di noi in molti luoghi che ponno senza contrasto andare nel pari e forsanche superarli». Come confezionare allora il «cotennino»? E' sempre l'antico manoscritto che lo insegna: «si investe negli intestini di majale e nella visciche di vitello o meglio ancora nella cotenna delle gambe davanti che si libera prima della carne e dalla ossa che conteneva».
L'ultimo numero della rivista «Grand Gourmet» dedica un servizio al «Cotennino di Parma» definendolo «una versione gentile del cotechino di cui Claudio Ronchei gran facitore di coppe parmensi in quel di San Vitale Baganza -scrive Corrado Barberis - ha riscoperto la ricetta tratta da un manoscritto datato 1744 dal Marchesato di Felino per farne una sua esclusiva». «Rispetto al cotechino - prosegue la scheda tecnica di Grand Gourmet - il cotennino, che alterna alle cotenne carni finissime di spalla e braciola, si distingue per un gusto dolce e delicato e per la grana dell'impasto piuttosto asciutta che ben si abbina alle salse dei bolliti. Ad ennesima dimostrazione della creatività del nostro artigianato alimentare, in primis salumiero».
Il «cotennino», dunque, dopo un letargo durato tantissimi anni, ha rivisto la luce proprio tra il verde della Val Baganza.