17.07.2003 | Itinerari del Gusto

Sapori di Croazia: il palato di Spalato

Proviamo a immaginare un viaggio. Partendo da Pescara e puntando ad est, in poche ore ci troveremo in un paradiso terrestre... Prima di arrivare a destinazione, la nostra vista sarebbe colpite da una serie di isolette, tra cui Lissa, Lesina, Solta, Brazza. E, una volta arrivati, l’occhio si perderebbe nell’ ammirare pinete lussuriose, oleandri giganti, tamerici, agavi e palme...

Un clima dolcissimo ci avvolgerebbe, e nei nostri polmoni entrerebbe un aria profumata dalle centinaia di erbe aromatiche che là nascono spontanee. La gente è cordiale e accogliente, e il tempo è rallentato, scandito dalle onde del mare.

A quel punto ci renderemmo conto che saremmo in Croazia, e più precisamente in Dalmazia, nella città di Spalato, amatissima dall’imperatore Diocleziano.

Ci troviamo nell’unica zona sub – tropicale d’Europa, dove la protezione delle Alpi Dinariche, a nord, fa sì che la temperatura non scenda mai sotto i 13°.

E così le piante fruttificano due volte l’anno… Cerchiamo di scoprire la cucina di questo paese con Maja Rogulich, dalmata, esperta di cucina. “I nostri – ci dice – sono tutti piatti unici, basati sui prodotti che la natura ci offre: prevalentemente frutta, verdura ed ortaggi. È difficile infatti trovare nella cucina tradizionale dalmata preparazioni dove questi ingredienti non la facciano da padrone.

È il caso dei punjene paprike: peperoni ripieni di carne e riso, oppure di patate tagliate a dadini passate precedentemente al forno con aromi.

Il tutto viene pressato all’interno del peperone, che verrà poi spaccato in due e ricoperto da una colata di formaggio fuso. Un altro piatto che merita di essere ricordato: le sarme, a base di cavoli cappucci scavati al loro interno e trattati in salamoia per due settimane, per essere poi tritati ed essere uniti poi ad una miscela di carne, riso e aromi, avvolti nella stessa foglia del cavolo.

Questo verrà passato in padella con l’aggiunta di acqua e di ciò che rimane del trito dello stesso ortaggio, e condito con la vegeta, un liofilizzato di verdure misto a sale integrale, che da noi è un condimento usatissimo (in Italia ancora non esiste). I nostri nonni non facevano uso di pasta, eccetto riso e gnocchi, quasi sempre accompagnati da pochi piatti a base di carne e a molti di pesce.

Poi c’è la pasticada: un girello di carne precedentemente immerso ( per un giorno intero) in una soluzione composta da vino, spezie uva e mandorle, e presentato nel piatto con un contorno di gnocchi conditi con lo stesso liquido usato all’inizio.

Sono famosi anche i cevapcici, una sorta di rotolini grandi quanto un dito composto da tre tipi di carne macinata( impastata con aglio, aromi e vino), cotti in graticola o rosolati su piastra: forse l’unica preparazione a base esclusiva di carne.

Lungo le strade vengono mangiati con le lepinja (pane caratteristico), con l’aggiunta di cipolla ed haivar ( una salsa rossa a base di melanzane)”. E per ciò che riguarda il pesce? “C’è l’imbarazzo della scelta. Il pesce viene preparato in centinaia di modi, spesso insaporito con verdure ed ortaggi. Vale la pena menzionare i prstaci ( tra l’altro considerati afrodisiaci): sono molluschi dentro lunghe conchiglie marroni che crescono solo all’interno di rocce di granito ad un certo livello sotto il mare, generalmente preparati alla marinara.

Anche le musule e le lignje sono particolari: le prime sono conchiglie da roccia cotte in graticola, e vanno “bevute” con l’acqua di mare ancora all’interno; le seconde sono una specie di calamari con le ali, cotti in graticola e successivamente con olio e il nero del calamaro stesso”. Non dimentichiamoci del condimento olio, preparato in modo particolare…” Sì, infatti: le olive (dopo la raccolta, che generalmente avviene in novembre) vengono poste in barili di legno ed immerse nel mare da 2 – 3 giorni fino ad un mese, e poi frantoiate, per poi ottenere un prodotto morbido e particolare.

L’olio così ottenuto è ancora oggi conservato in casse di granito”: e i dolci? “le palacinke che ricordano le crepes cui viene aggiunto marmellata di maraschino, arrotolate e cosparse di zucchero. E lo strudel, quello vero: la sfoglia viene ancora tirata a mano e ripiegata su se stessa 25 volte, e poi riempita con un impasto di mele, mandorle, noci, pinoli, spruzzata con succo di arancio e cotta al forno a fuoco lento.

È piacevole accompagnare a queste bevande come il succo di sambuco, rinfrescante e dissetante, oppure terminare il pasto con la slivovica, il nostro distillato di prugne, o il maraschino, che come tutti sanno è un
distillato originario della Dalmazia.

Fabio Magnani
fabioamg@linknet.it

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