Come non parlar d’anguilla a dicembre dove le tavole si inebriano dei profumi grassi e gustosi del prelibato pescato di valle.
Come non parlar d’anguilla a dicembre dove le tavole si inebriano dei profumi grassi e gustosi del prelibato pescato di valle. Un pesce serpentiforme dal nome scientifico che si ripete come un’eco, anguilla anguilla, quasi a sottolineare l’importanza di questo prelibato pesce che da sempre ha goduto di attenzione a cominciare dagli egizi che la allevavano in appositi acquari, nutrite e addomesticate e adornate di gioielli; poi i greci che la contemplavano come figlia di Zeus e, infine, i romani che la gustavano come cibo immancabile nei migliori banchetti e da cui ne traevano enormi soddisfazioni grazie ad un prontuario di ricette create su misura. Dante ne parla nella sua divina commedia quando recita: «…purgo per digiuno l’anguille di Bolsena e la vernaccia…», facendo un chiaro riferimento a Martino IV che svolse il suo ruolo pontificio dalla città di Orvieto, sua residenza prediletta e luogo dove poteva avere sempre a disposizione anguille e buon vino. Morì alla fine del 1200 vittima della sua voracità: « …morte per chiara grassezza (…) e indigestione del saporito pesce di lago» recitano i testi dell’epoca che raccontano inoltre di come il santo corpo del Papa fu lavato secondo una segreta mistura di spezie e vernaccia. Perfino lo storico Bonaveri in uno dei suoi libri scrive, verso la fine del ‘700, dell’anguilla attribuendogli proprietà terapeutiche tali da rasentare il miracolo senza dimenticare, poi, il noto fisiologo del ‘900 Angelo Mosso che, anche se scoprì che il sangue dell’anguilla era tossico, andava pazzo per le sue carni.
Pesce strano, l’anguilla che ama l’acqua dolce come quella salata e che ha diviso in questo modo tutta la sua vita. Quando raggiunge la maturità sessuale, infatti, lascia i fiumi e le valli per seguire le correnti marine e così approdare mar dei Sargassi nell’oceano Atlantico e là riprodursi. Saranno poi le larve a fare il percorso a ritroso verso i fiumi di origine che durerà due anni nel corso dei quali avverranno alcune metamorfosi fino a una raggiungere una forma sempre più vicina a quella adulta. Nel nostro Paese questo pesce si trova nella laguna veneta e nelle valli di Comacchio, città regina dell’anguilla e dove è sorto anche un museo ad essa dedicato in cui si possono gustare le migliori ricette. Da tenere presente che l’Italia è il principale produttore europeo di anguille e molte di queste sono allevate in cattività presentando una differenza con quelle selvatiche, giacché le prime hanno una carne molto grassa e meno saporita con la tendenza a “stancare il palato” velocemente, mentre, le altre hanno un grasso meno opulento ma presentano un sapore delicato ed una profumazione iodata deliziosa. Tra i canali di Comacchio si ha l’occasione di incontrare qualche anziano e discorrendo di ricette fa notare che molte di queste sono presentate nei testi di cucina come originali della zona quando tali non sono. A Comacchio l’anguilla gode di attenzione e rispetto, un po’ come facevano gli egizi che le avevano elevate a dei ma con la differenza che qui le anguille… se le mangiano.
di Fabio Magnani