Diverse le modalità di valutazione ad un punto tale che, visto il
proliferare di questo genere di letture, c'è da chiedersi come le
suddette valutazioni vengano realmente effettuate.
L'analisi organolettica esiste ed è efficace nel giudizio quando è
effettuata secondo criteri scientifici per mano dei cosiddetti "pannel
test", ovvero gruppi di competenti degustatori risultati
da severe selezioni.
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C'è da chiedersi, però, se possiamo considerare "infallibile" la
stessa analisi sensoriale quando eseguita da giornalisti che, da
semplici appassionati, hanno fatto - a sentir loro - il salto di
qualità ad un punto tale da considerarsi vangelo in terra di bacco.
Ai fini giornalistici accade che qualche
"degustatore" non compie uno dei fondamenti della degustazione
stessa: il confronto. Ci
sono giornalisti assaggiatori che preferiscono degustare il vino in
perfetta solitudine, altri che vantano orge di assaggi giornalieri
nella convinzione di un palato sempre fresco; |
c'è chi preferisce bendare le bottiglie o guardarle bene
in etichetta: tanto loro non sono influenzabili. |
Molte le tecniche utilizzate da questa
tipologia di assaggiatori per l'analisi di un vino. C'è
chi si limita al classico esame occhio, naso, bocca e chi, invece,
aggiunge sistemi di valutazione talmente personalizzati che verrebbe
da chiedersi se non siano essi stessi i produttori di quel dato vino
tanto è l'insistenza di "pubblicizzarne" le caratteristiche.
Altri fanno molta poesia quasi
ad eludere le pecche racchiuse nel calice o forse per non
evidenziare le proprie difficoltà quando ci si trova di fronte a
vini di una certa particolarità. Poi c'è chi si inventa le
caratteristiche del vino stesso o, per meglio dire,
decide, in primis, cosa deve avere un vino per essere
degno di portare questo nome. |
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Tanto varrebbe mandare gli enologi a
casa. Allora è affascinante osservare la
psicologia "dell'assaggiatore" - perdonate le virgolette
ma quando ci vuole, ci vuole -, che esalta il frutto a scapito delle
spezie, o che rinnega l'invecchiamento in botte a vantaggio
dell'acciaio o afferma che i migliori vini sono prerogativa di poche
regioni.
Il pubblico dell' ombretta, che ambisce a qualche dritta, è
sconvolto da cotanto sapere che non sa più
che fare quando si trova sul tavolo una normalissima bottiglia di
vino. Perché non smettiamo di confondere le idee al
consumatore. Perché molti "esperti" non cominciano a stare un po' in
cantina, magari per seguire i lavori, invece che intimorire con la
loro presenza i produttori che sono sempre
tra l'incudine del giudizio ed il martello del pubblico
che segue le guide; senza calcolare la malinconia che li assale al
pensiero di poter fare un vino ricco di storia che, una volta
riuscito, rimarrebbe incompreso.
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Nell'assaggio serve esperienza, cultura
vastissima, pratica, confronto quotidiano, tanta umiltà, rispetto
per chi lavora e ancora non basta.
E gli enologi cosa
fanno? Semplicemente se la ridono in sordina. E fanno bene.
Costruiscono vini per affascinare il critico di turno. Cosa
desiderano lor signori quest'anno? Più frutto, meno legno, una
spruzzatina di vaniglia qua e là? Nessun
problema tanto in cantina si fa di tutto. |
Mi chiedo:
potrebbe un critico d'arte insegnare a Picasso come tenere in mano
il pennello?
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