Possibile che nessuno sappia che in Toscana,
la regione del vino per eccellenza, ci sono aziende dal nome
conosciuto che sono sul lastrico e con i vigneti in mano alle
banche? E che nessuno dica quante aziende sono in vendita
nella stesa Toscana, per non parlare del Piemonte o del Trentino. Né
abbia voglia di far notare che in diverse regioni sono molte le
aziende che hanno lasciato i grappoli sui filari.
Ma se la crisi non c'è, perché mai ora si possono comprare bottiglie
di Brunello (di etichette conosciutissime) alla metà e, a volte,
alla metà della metà del prezzo originale? E perché mai in Piemonte
"sbottigliano" Barolo per venderlo col nome di Nebbiolo a un prezzo
notevolmente inferiore?
Gli esperti,
quelli veri,
ad esempio i ricercatori universitari che studiano il settore
ogni giorno con riferimenti regionali e internazionali,
denunciano da tempo questa situazione di
stallo all'interno del nostro paese. Non è vero che gli
italiani spendono in media 10 euro per una bottiglia di vino, perché
i vini più venduti hanno una forbice che va dai 2 ai 6 euro.
Chi è in confidenza con il mondo del vino sa bene insomma che le
cose non funzionano come si vorrebbe far credere e che in certe
regioni, la Romagna purtroppo è fra queste, nulla si fa se non dare
una passata di vernice nuova su un muro che in realtà sarebbe da
riattare. E i produttori romagnoli quindi si lamentano. Nessuno lo
fa apertamente, perché hanno timore di alzare polveroni, e poi non
si fa nulla per essere più uniti e migliorare la situazione.
Chi ancora vende davvero
sono soltanto quei produttori che hanno
seguito la loro indole creativa nel rispetto di un
territorio, funziona chi si è affidato ad
enologi competenti anziché
ai vari pseudo - esperti che hanno dimenticato ogni tradizione in
ossequio al grande mercato globale che peraltro ha voltato loro le
spalle molto velocemente. Ora poi c'è qualche estroso che vorrebbe
abbandonare la produzione di Sangiovese per buttarsi nella
produzione di vino bianco.
In
Romagna si fanno anche buoni bianchi, soprattutto passiti, è
vero. Ma è bene ricordare che si tratta di pochissimi casi,
che la Romagna non è il Friuli o il Veneto e che la
produzione non ha una vocazione di bianchi in grado di
contrastare regioni più adatte a questo tipo di produzione,
senza contare la concorrenza straniera (Cile, Argentina,
Spagna) che sui bianchi è più concorrenziale in quanto a
prezzo di qualità.
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Ora si rischia di fare l'errore che si
denunciava all'epoca del boom del vino, quando tutti
producevano con vitigni internazionali per poi trovarsi
letteralmente spiazzati dalla forza naturale di altri paesi che
sull'internazionale ci hanno surclassato se non per qualità
sicuramente per prezzo. Molti di coloro i
quali snobbavano il Sangiovese in nome dei soliti vitigni
internazionali si ritrovano oggi sedotti e abbandonati,
mentre il buon vecchio Sangiovese se la starà ridendo sotto i baffi…
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