Non amava nemmeno farsi chiamare cuoca esperta anzi, pare che nemmeno volesse essere chiamata in causa come tale tanto che spesso scriveva: "Oh, non pensatemi di professione cuoca; né da mane a sera fra pignatte e padelle ad almanaccare nuove pietanzine e piatti ricercati! Non pensatemi, insomma, né cuoca perfetta, né cuoca di grido ma soltanto una qualunque donnetta di casa che in gioventù ha imparato a cucinare (come ognuna di voi avrà certo imparato) sotto la sola guida della sua mamma...". Tra quelli che in passato hanno letto le sue ricette, ancora oggi ad ella si ispirano più che al famoso moderno chef, non tanto per chissà quale sconvolgente ricetta ma per l'approccio simpatico e raggiante al modo di cucinare.
"...Quando Petronilla spiegava o scriveva le sue ricette, descriveva sempre prima l'ambiente ove veniva preparata la vivanda, metteva al corrente la lettrice di ciò che provava mentre descriveva la tal ricetta o, addirittura, chi l'aveva ispirata. Si entrava quindi in una dimensione del tutto parallela a quella della Petronilla stessa che trasportava dalle pagine del libro direttamente nella cucina di casa sua dove improvvisamente apparivano dal nulla ingredienti che venivano sapientemente miscelati ed intrecciati tra loro, dando vita a piatti dalla splendida piacevolezza e dai profumi e sapori che portavano con se la meraviglia di un bambino...".
Sono le parole di Elisabetta Girgenti, ravennate, che, appassionata di cucina e dello stile Petronilla, ha svolto in passato una serie di ricerche dedicate a questa splendida donna di casa, come amava essere definita. "...Ancora oggi le mie ricerche non sono finite - racconta Elisabetta -, fino ad ora sono riuscita a trovare pochi documenti dell'epoca scoperti tra i mercatini d'antiquariato, fatti di ricette e tratti di vita di questa donna appassionante di cui ancora oggi si ignora l'esatta origine.
Non si ha la certezza, infatti, se fosse del nord o del sud. Si notano anche delle discrepanze nel suo passato - continua - , che accendono discussioni tra appassionati divisi tra chi dice fosse romana o, addirittura, che forse nemmeno sia mai esistita se non per un'invenzione libraria dell'epoca...".
L'unica certezza, però, è che le sue ricette hanno fatto la felicità di molti palati e donne di casa che, attraverso le sue "ricette di vita", nate tra un gioco di pentole e di profumi golosi, hanno reso unici molti momenti di vita quotidiana. Ecco allora, di seguito, nel caso qualcuno voglia inserire nuovi spunti al pranzo di natale, l'esempio dello stile Petronilla espresso esattamente come lei amava comunicare con le sue lettrici, attraverso una delle sue ricette suggerita dall'esperta Elisabetta Girgenti.
Nella ricetta dell'anatra con salsa di peperoni, Petronilla così recitava...: ieri, con sole 10 lire, ho comperato dalla mia pollivendola un'anitra.
Non dico che fosse un'anitra molto grossa e molto grassa ma, insomma, era un'anitra discreta e certo più che sufficiente per il bisogno della mia piccola famiglia.
Mentre trotterellavo verso casa colla mia... bestia incartocciata, sotto al braccio, ho preso la... grande decisione di farne un arrosto colla salsa di peperoni.
Poichè è probabile che almeno una, fra tutte voi, non conosca questa maniera di preparare un'anitra, così a quella ora l'insegno, giacché il piatto è sapido, appetitoso, abbastanza lesto a fare e... (ciò che più conta per noi massaie) poco costoso.
Passando dal salumiere, ho comperato un etto di salame e due di peperoni sott'aceto (di quei peperoni grossi che son detti "di Voghera") e, appena giunta a casa, subito, tolte all'anitra gambe e testa, l'ho cucinata arrosto, abbondando nella salvia, nel rosmarino, nel sale e nell'olio.
Quando l'anitra fu cotta, l'ho tagliata in tanti piccoli pezzi; li ho ben disposti in un piatto fondo e mi sono data a preparare la salsa.
Ho pestato così, colla mezzaluna e ben fini, il salame, i peperoni (naturalmente mondati dei semi) e lo stomaco dell'anitra che, col fegato, aveva messo da parte crudo; e ho fatto cucinare, in un tegame fondo, questo pesto con un po' d'olio e con tutto l'unto (passato per il setaccio) rimasto dentro alla casseruola nella quale era stato cotto l'arrosto.
Dopo un quarto d'ora, ho aggiunto anche il fegato (pure tagliato fino), un pizzico di pepe e tutti i piccoli rimasugli di carne raccolti sul tagliere che mi aveva servito a tranciarvi sopra la mia anitra arrostita.
Ho lasciato bollire ancora per qualche minuto; e ho distribuito infine ben bene, su tutto l'arrosto, quella salsa bollente.
Per tutta la giornata il piatto è rimasto in credenza a... compenetrarsi per bene della piccante salsa; poco prima del pranzo l'ho messo a intiepidire nel forno e, per dargli un po' di aria...di "foresteria" l'ho fatto servire in tavola contornato da fette di pane tostate nel burro.
Con poca spesa (ve l'ho detto) e con poca fatica (lo constaterete)...un'autentica figurona.
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