La parola, oramai
mitica per quanto scontata, che tutti gli anni esce dalla bocca dei
produttori è “macchia di leopardo”.
Questo termine utilizzato a mò di pronto soccorso serve per mettere
al riparo le vendite e scaricare sui vigneti di altri vignaioli le
reali conseguenze commerciali di una stagione andata male.
Quest’anno, invece, paradossalmente la “macchia di leopardo” ha
davvero colpito diverse regioni del vigneto Italia.
Fateci caso quando parlerete con qualche produttore che vi
racconterà, per confondervi, di macchie o felini vari che non avrà
più la risatina sottile ma forse gli occhi un po’ lucidi: la verità
fa male a tutti i livelli. La vendemmia
targata ’05 è stata davvero dura, i circa 47 milioni di ettolitri
contro i 53,3 dell’anno passato hanno danneggiato diversi vignaioli
in termini di profitto finale senza calcolare le uve
danneggiate e difficilmente lavorabili per l’ottenimento di un
prodotto di qualità.
Le forti precipitazioni tra settembre e
ottobre hanno annegato diversi vigneti portando molti ad
accontentarsi di una produzione mediocre. Il tempo, nel
periodo di pre - vendemmia, ha assunto una difformità talmente reale
al punto che si è trovato sole e pioggia a distanza di solo qualche
chilometro. Quest’anno la macchia di leopardo c’è stata davvero, non
è la solita favolina. Per sapere se il vino
è buono dovremmo assaggiarlo: sarà facile incontrare, a
poca distanza, vigneti che avranno dato vita a vini buoni o quasi
eccellenti e mediocri allo stesso tempo.
È altrettanto vero, però, che molti hanno accettato con piacere la
minore produzione di quest’anno in quanto in grado di risolvere il
problema crisi ma, mi chiedo, se c’è chi desidera con gioia
un’annata scarsa vuol dire che la situazione non è certo delle
migliori. Le esportazioni dell’anno passato riportano risultati
contrastanti con un aumento delle esportazioni di vini di prezzo e
qualità contenuti e con un calo del mercato interno. È evidente che
dal contrasto nasce un momentaneo equilibrio che non potrà durare a
lungo, visto che i guadagni sono risicati, se non si farà un lavoro
di formazione e informazione in modo da aiutare realmente i nostri
produttori e, perché no, anche l’altra faccia della medaglia formata
dai ristoratori che hanno il contatto diretto con il pubblico.
Questa vendemmia rimane comunque
importante, non per la maggiore o minore qualità, ma per ciò che ha
evidenziato. Ha riconfermato la crisi inserendo un dato
nuovo che è quello della mancanza di reazione. Sono diminuiti di
molto i prezzi delle uve, le cantine sono piene e che nessuno dica
che non è vero, gli stessi produttori si sono rassegnati al fatto –
perché di tale si tratta-, dal quale prima si difendevano sviando l’
attenzione su altri loro colleghi; i consumatori non comprano e,
alla sfiga non c’è mai limite, c’è anche lo scandalo delle truffe
del vino che qualche media ha evidenziato pochi mesi fa.
In questo caso mi ha divertito vedere come molti, ma non tutti per
fortuna, del settore – dal primo dei produttori all’ultimo dei
ristoratori passando per enologi e venditori - abbiano gridato allo
scandalo sostenendo con ipocrisia un bel “ ma come è possibile !”
quando, invece, lo sapevano benissimo e alcuni, non pochi, ci
marciavano da tempo.
Sveglia! Almeno voi consumatori
svegliatevi, più dormite e più è facile darvela a bere
nel vero senso della parola. Perdonatemi ma è da circa due anni a
questa parte che cerco di catalizzare l’attenzione su queste
problematiche assieme ad altri colleghi guarda caso definiti
visionari. Tanto è vero che mi ha divertito se pur, questa volta,
con rammarico, leggere della crisi dell’editoria del comparto
vinicolo.
Alla camera dei deputati sono arrivate richieste di aiuto.
La circoscrizione di Siena nella figura
dell’On. Claudio Franci (DS) è stata la prima, da quanto mi dicono,
che ha dato l’allarme; ma la campana era già da tempo che
suonava soprattutto quando si faceva notare che il consumatore non
compra perché legge la rivista specializzata, ma perché si affida
allo stesso enotecario più che alla guida - altro vaso di pandora -,
o privilegia le informazioni dei media o le esperienze dell’amico
sommelier e così via.
Ma secondo voi,
perché alcuni quotidiani nazionali che
dedicavano periodicamente importanti spazi alla cultura
enogastronomia hanno improvvisamente ridimensionato gli spazi
lasciando qualche riga a piè di pagina?
Non c’è risposta da parte dei lettori o meglio, i lettori
appassionati preferiscono affidarsi ad informazioni più reali e
veritiere derivanti dall’esperienza invece che affidarsi al solito
esperto in un settore che sappiamo bene come funziona in termini di
punteggio e presunta bontà del prodotto.
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