22.06.2005 | Cultura e Tradizioni

Il Mistrà, antico e versatile distillato

Il Mistrà è un liquore tipico marchigiano (gradazione media 40 - 47% in volume) ottenuto per distillazione di alcol di vino e aromatizzazione tramite macerazione di anice verde o "pimpinella anisum" - largamente diffuso nelle zone montane dei Sibillini - finocchio selvatico, anetolo, anice badiana, assenzio e talvolta frutta (mele cotogne, arance) in alcool da vino. Al gusto risulta molto secco poiché non si aggiunge zucchero.

Può essere consumato dopo pasto, in bicchieri da liquore a stelo, liscio, diluito con acqua, oppure diluito nel caffé.
Nelle campagne marchigiane il Mistrà è un ammazzacaffè tradizionale realizzato ancora artigianalmente dai contadini. Oggi è ben interpretato dalla Distilleria Varnelli che ne produce, fin dal 1868 da una ricetta tuttora segreta e custodita gelosamente, una versione secca speciale, dall'aroma e sapore inconfondibile, apprezzata per l'equilibrio aromatico e la freschezza. Esso rappresenta quasi un simbolo della marchigianità, anche per il forte legame con le rudimentali, ma assai diffuse, tradizioni di distillazione presenti nelle campagne. E' un efficace digestivo, mentre miscelato è ottimo nei cocktails. Nuovi impieghi dell'anice sono rivolti a preparazioni gastronomiche e di pasticceria.

L'Anice ascolano, anche detto "anisetta" (prodotta dal famoso Caffé Meletti) è una versione più dolce del "mistrà". Può essere bevuto con il dessert, è un ottimo dissetante, alcuni lo gustano con la "mosca": 3/4 chicchi di caffé annegati nel liquore. Un'altra versione è la "pimpinella". Liquore all'anice che prende il nome dalla "pimpinella anisum" che derivando dal latino "anisum" e dal greco "anison" vuol dire non uguale. Lo scopo era quello di distinguerlo dalla cicuta a cui assomiglia.

L'anice verde è una varietà vegetale molto diffusa in Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo da millenni. Si narra, infatti, che la Pimpinella anisum, nome scientifico dell'anice, fosse largamente presente come coltivazione negli orti di Aquisgrana, in epoca carolingia. Tanta diffusione e gloria, dovuta alla convinzione, dello stesso Carlo Magno, sull'impossibilità di poter vivere senza anice. Ma la fama di questa pianta, ritenuta preziosa per le innumerevoli proprietà terapeutiche, si riscontra sia nella tradizione degli egiziani che dei babilonesi che lo assursero a panacea di tutti i mali per le sue molteplici virtù, che spaziano da qualità digestive, fortificanti, lenitive, diuretiche…merito dell'anetolo, elemento "principe" di un olio essenziale contenuto nell'anice.

Le virtù dell'anice accontentavano un po' tutti: i peccatori di gola trovavano sollievo nelle sue qualità digestive, i lussuriosi nella fortificazione al coito (come scriveva Dioscoride), le lattanti nell'aumento delle secrezione mammaria, gli assetati nella capacità di spegnere l'arsura e, per tutti un giovamento generale con il miglioramento dell'alito, la diminuzione della ventosità intestinale e l'aumento della diuresi.

In Italia, al centro sud, la diffusione di bevande a base d'anice si deve alla cultura araba (che utilizza largamente l'anice come aromatizzante) e all'importazione dei veneziani di liquori con anice dai porti di Misithra, una città bizantina non lontana da Sparta (il nome mistrà è probabilmente la contrazione di Misithra).

La Distilleria Varnelli oggi è una S.p.A. guidata dalla quarta generazione della famiglia Varnelli, quattro donne che mantengono alto il nome della famiglia, fra tradizione e modernità. Fondata da Girolamo Varnelli, la Distilleria Varnelli è oggi una società per azioni controllata e gestita dalla famiglia.

Il fondatore Girolamo Varnelli risiedeva nel cuore dei Monti Sibillini, ora Parco Nazionale, e dallo studio delle piante officinali di quella terra trasse l'idea per numerose ricette di distillati ed amari tra i quali primeggiò l'Amaro Sibilla molto utilizzato a quei tempi anche come antimalarico ed antifebbrile per l'alto contenuto di Genziana e China Calyssaia.

Ma la grande invenzione (di famiglia) si deve a suo figlio Antonio Varnelli che, interpretando e raffinando la diffusa ricetta marchigiana del mistrà, creò il "Varnelli": forte, elegante ed inimitabile bevanda al gusto di anice che divenne ben presto il fiore all'occhiello della Distilleria Varnelli tanto da portare il nome della famiglia.

Attualmente la Distilleria Varnelli S.p.a. ha la sua sede operativa a Muccia in un modernissimo ed elegante stabilimento dove perfettamente si coniugano le antiche tradizioni di produzione artigianale ed erboristica con i più aggiornati ed igienici impianti di stoccaggio ed imbottigliamento in ossequio a tutte le vigenti norme.

La prestigiosa sede, che comprende anche una Aula Varnelli dove si svolgono convegni e masters sui temi più vari, è spesso aperta ad operatori di settore, giornalisti e studenti per interessanti visite guidate e degustazioni. La trasformazione è seguita personalmente dalle componenti della famiglia che rispettano quotidianamente i segreti riti produttivi ereditati dagli antenati erboristi. La gamma dei liquori è ampia e diversificata sia nel genere che nei formati e si rivolge ad un pubblico esigente e preparato.

Sabato 30 aprile 2005, ad Amandola (AP), presso il Chiostro di San Francesco si è svolto il Convegno "La viticoltura di montagna - vitigni, vini e distillati". Questo convegno è stato prioritariamente dedicato al mistrà. Salvaguardare la tradizione della produzione del mistrà significa anche valorizzare la storia popolare del territorio: da sempre, infatti, il mistrà, oltre che un buon digestivo ed un ingrediente fondamentale nella preparazione di molti dolci, è anche simbolo di ospitalità.

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Iacopo Stigliano
Maestro Enogastronomo Sommelier AIES

jimmy_blues@excite.it

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