E mentre veniamo
benedetti dall’acqua santa, la preghiera si sposta su un personale
pentimento per l’impellente abboffata. A
Napoli il menu della resurrezione è un culto che si tramanda da
generazioni.
Si parte dal succulento casatiello, una tradizionale brioche
cucinata con sugna, osannato come un sovrano da una ricca corte di
salumi e formaggi, meglio nota come fellata. Dopo la bomba di cicoli
e prosciutti ci si riscalda la bocca con la minestra maritata a base
di carne e verdure, mentre chi gradisce un primo più vivace può
subito mettere da parte il cucchiaio e sprofondare la forchetta
nella sostanziosa crostata di tagliolini.
A questo punto l’energia dei primi è sostituita dalla potenza
calorica dei secondi. Al termine di un facoltativo ma ricco
spezzatino di uova e piselli, arriva il momento della carne, simbolo
di pace e di innocenza; la scelta delle cuoche di casa si divide tra
l’agnello cacio e uova con piselli o il capretto al forno con le
patate novelle. Il tutto accompagnato da un unico contorno di
carciofi arrostiti. Quando l’acquolina si è prosciugata già da un
pezzo, solo la gola può aiutare a consumare la pastiera, la Regina
dei dolci napoletani.
Per apprezzare davvero gli intensi sapori pasquali dell’antica
cucina locale è necessario però accarezzare le pietanze con dei vini
regionali che esaltino lo spirito gastronomico partenopeo. Affinché
le portate del pranzo non diventino stufose e omogenee, il
Presidente del Movimento Turismo del Vino
in Campania Manuela Piancastelli
ci consiglia quali vini sorseggiare, amalgamando gli ingredienti dei
tipici piatti napoletani con le antiche viti campane.
In veste di antipasto, il casatiello e la
fellata prediligono un vino leggero?
Come tutti i piatti pasquali sono due portate molto pesanti. Per
questo motivo eviterei i bianchi sin dall’antipasto e partirei
subito con un Gragnano, un vino un po’ frizzante capaca di
sgrassare.
Sulla minestra maritata ci vuole un vino
che esalti i sapori della verdura o quelli della carne?
Ritengo che le minestre non debbano essere accompagnate da nulla
perché il caldo del brodo impedisce di gustare il vino. Se proprio
dobbiamo berci un bicchiere propenderei per un Aglianico giovane.
Chi preferisce invece la crostata di
tagliolini?
Un ottimo abbinamento è dato dal Piedirosso, un vino morbido e non
eccessivamente strutturato per iniziare un pasto che progredisce con
piatti pesanti.
I secondi di carne hanno bisogno di vini
più di corpo?
Ci vogliono dei vini complessi con un ampio profilo aromatico perché
le pietanze sono molto strutturate sia per il grasso della carne che
per quello aggiunto come l’uovo nell’agnello o le patate del
capretto che possono essere rosolate con olio o addirittura con
sugna. Lo spezzatino con piselli si coniuga molto bene con un
Aglianico del Taburno, l’agnello invece è ottimo col Taurasi, mentre
il capretto può essere apprezzato maggiormente con un Casavecchia.
Tre rossi pieni in bocca in grado di sgrassare attraverso dei
tannini abbastanza forti.
E verdure cucinate come i carciofi
arrostiti?
Questo è un piatto che non può essere abbinato praticamente con
nulla. Il carciofo è uno dei pochi ortaggi che contiene già dei
tannini per cui la bocca diventa troppo amara se bagnata anche dal
vino. Il miglior abbinamento è un bel bicchiere d’acqua in attesa di
passare ai vini dolci.
Finalmente siamo arrivati al sacro rito
della pastiera.
Un ricco dessert che deve essere gustato con un classico Nocillo,
ovvero un ottimo digestivo che possa accentuare il contrasto tra il
dolce della pastiera e l’amaro di una forte bevanda della nostra
tradizione. Ma sono eccellenti anche i passiti campani come
l’Aleatico.
Sfatiamo il mito del limoncello allora…
Il limoncello è un liquore troppo dolce costruito con lo zucchero
aggiunto e quindi a fine pasto lo escluderei in ogni caso. Nel
passito, invece, è l’uva che matura portandosi dietro gli zuccheri e
un corredo di speziature e profumi di frutti secchi che si abbinano
molto bene con la pastiera dove c’è un’esplosione floreale di
canditi e acqua di mille fiori.
Per completare l’immancabile tazzulella ‘e
cafè…
Meglio amaro perché pulisce la bocca ed aiuta a digerire. E
soprattutto niente “ammazzacaffè”, perché è lui che deve ammazzare
questo infinito pranzo di Pasqua.
Fonte:
Campaniasuweb |