26.03.2005 | Cultura e Tradizioni

I vini di Pasqua

Cosa abbinare col casatiello e la pastiera? Manuela Piancastelli, presidente del Movimento Turismo del Vino in Campania, ci consiglia un vino per ogni portata dell’interminabile pranzo di Pasqua. Tre giorni di biblico digiuno, riempiti da finte penitenze e approssimative processioni, sono il preludio all’ipercalorico banchetto pasquale, il sacro pranzone primaverile che esalta più del dovuto i sapori delle tradizionali specialità attese per un anno intero.

E mentre veniamo benedetti dall’acqua santa, la preghiera si sposta su un personale pentimento per l’impellente abboffata. A Napoli il menu della resurrezione è un culto che si tramanda da generazioni.

Si parte dal succulento casatiello, una tradizionale brioche cucinata con sugna, osannato come un sovrano da una ricca corte di salumi e formaggi, meglio nota come fellata. Dopo la bomba di cicoli e prosciutti ci si riscalda la bocca con la minestra maritata a base di carne e verdure, mentre chi gradisce un primo più vivace può subito mettere da parte il cucchiaio e sprofondare la forchetta nella sostanziosa crostata di tagliolini.

A questo punto l’energia dei primi è sostituita dalla potenza calorica dei secondi. Al termine di un facoltativo ma ricco spezzatino di uova e piselli, arriva il momento della carne, simbolo di pace e di innocenza; la scelta delle cuoche di casa si divide tra l’agnello cacio e uova con piselli o il capretto al forno con le patate novelle. Il tutto accompagnato da un unico contorno di carciofi arrostiti. Quando l’acquolina si è prosciugata già da un pezzo, solo la gola può aiutare a consumare la pastiera, la Regina dei dolci napoletani.

Per apprezzare davvero gli intensi sapori pasquali dell’antica cucina locale è necessario però accarezzare le pietanze con dei vini regionali che esaltino lo spirito gastronomico partenopeo. Affinché le portate del pranzo non diventino stufose e omogenee, il Presidente del Movimento Turismo del Vino in Campania Manuela Piancastelli ci consiglia quali vini sorseggiare, amalgamando gli ingredienti dei tipici piatti napoletani con le antiche viti campane.

In veste di antipasto, il casatiello e la fellata prediligono un vino leggero?
Come tutti i piatti pasquali sono due portate molto pesanti. Per questo motivo eviterei i bianchi sin dall’antipasto e partirei subito con un Gragnano, un vino un po’ frizzante capaca di sgrassare.

Sulla minestra maritata ci vuole un vino che esalti i sapori della verdura o quelli della carne?
Ritengo che le minestre non debbano essere accompagnate da nulla perché il caldo del brodo impedisce di gustare il vino. Se proprio dobbiamo berci un bicchiere propenderei per un Aglianico giovane.

Chi preferisce invece la crostata di tagliolini?
Un ottimo abbinamento è dato dal Piedirosso, un vino morbido e non eccessivamente strutturato per iniziare un pasto che progredisce con piatti pesanti.

I secondi di carne hanno bisogno di vini più di corpo?
Ci vogliono dei vini complessi con un ampio profilo aromatico perché le pietanze sono molto strutturate sia per il grasso della carne che per quello aggiunto come l’uovo nell’agnello o le patate del capretto che possono essere rosolate con olio o addirittura con sugna. Lo spezzatino con piselli si coniuga molto bene con un Aglianico del Taburno, l’agnello invece è ottimo col Taurasi, mentre il capretto può essere apprezzato maggiormente con un Casavecchia. Tre rossi pieni in bocca in grado di sgrassare attraverso dei tannini abbastanza forti.

E verdure cucinate come i carciofi arrostiti?
Questo è un piatto che non può essere abbinato praticamente con nulla. Il carciofo è uno dei pochi ortaggi che contiene già dei tannini per cui la bocca diventa troppo amara se bagnata anche dal vino. Il miglior abbinamento è un bel bicchiere d’acqua in attesa di passare ai vini dolci.

Finalmente siamo arrivati al sacro rito della pastiera.
Un ricco dessert che deve essere gustato con un classico Nocillo, ovvero un ottimo digestivo che possa accentuare il contrasto tra il dolce della pastiera e l’amaro di una forte bevanda della nostra tradizione. Ma sono eccellenti anche i passiti campani come l’Aleatico.

Sfatiamo il mito del limoncello allora…
Il limoncello è un liquore troppo dolce costruito con lo zucchero aggiunto e quindi a fine pasto lo escluderei in ogni caso. Nel passito, invece, è l’uva che matura portandosi dietro gli zuccheri e un corredo di speziature e profumi di frutti secchi che si abbinano molto bene con la pastiera dove c’è un’esplosione floreale di canditi e acqua di mille fiori.

Per completare l’immancabile tazzulella ‘e cafè…
Meglio amaro perché pulisce la bocca ed aiuta a digerire. E soprattutto niente “ammazzacaffè”, perché è lui che deve ammazzare questo infinito pranzo di Pasqua.


Fonte: Campaniasuweb

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