Operatori e addetti ai lavori guardano con interesse ai mercati asiatici
www.agroalimentarenews.com Sei bottiglie di vino su dieci consumate ogni anno in Asia finiscono sulle tavole cinesi. Un dato ancora più interessante se si considera come i consumatori abituali di vino in Cina siano solo 10 milioni, con un consumo pro capite pari a 0,4 litri l’anno (nei grandi centri urbani si raggiungono al massimo 0,7 litri l’anno), contro il 4,5 della media mondiale. Ma anche il Giappone fa la sua parte nei consumi asiatici di vino. Sul mercato giapponese finisce il 30% di tutto il prodotto consumato nel continente, ma se si guarda alle importazioni, si scopre che il Paese del Sol Levante è l’acquirente di ben il 60% di tutte le bottiglie che entrano in Asia. Cina e Giappone sono i protagonisti dell’ultimo appuntamento con i Focus organizzati da Vinitaly in collaborazione con Buonitalia (4 aprile, ore 16,30), allo scopo di fare il punto su due mercati dagli enormi potenziali e che diventano sempre più strategici per gli operatori italiani, anche alla luce della crisi che sta investendo le economie mondiali. Perfino nel 2008, anno nero per i mercati, la Cina ha saputo registrare una crescita del 9% e, grazie al suo gigantesco bacino di utenza, è capace di offrire una sponda di sicuro interesse per i prodotti della Penisola. Si calcola che su un miliardo e trecento milioni di abitanti, vale a dire 22 volte l’Italia, il potenziale mercato del vino si aggiri tra il 5 e il 10% della popolazione, ovvero dai 60 ai 130 milioni di consumatori. Entro il 2012, in particolare, si prevede una crescita dei vini rossi pari al 36,4%, mentre i vini bianchi aumenteranno del 38%. Più contenuta la performance attesa per i rosati, che oggi rappresentano meno dell’1% del mercato e cresceranno nello stesso periodo di oltre il 20%. Ma l’evoluzione della Cina riguarda anche gli stili di consumo. L’occidentalizzazione della società e il miglioramento delle condizioni economiche stanno infatti cambiando le abitudini della popolazione, mentre il vino compare sempre più spesso nei menù dei ristoranti e nelle case private, soprattutto nelle grandi città. Una moda che riguarda in particolare le giovani generazioni, anche se negli ultimi anni il mercato si è allargato coinvolgendo diversi profili di consumatori. Il consumatore cinese medio di prodotti enologici si caratterizza per un’età compresa tra i 30-45 anni, un reddito mediamente alto e un elevato livello di scolarizzazione, vive in città e il suo consumo di vino è principalmente legato alla concezione di tale bevanda come status-symbol. C’è da aggiungere che, dopo anni di forti investimenti, la Cina è diventata il 6° produttore d’uva nel mondo, una dimostrazione di come il Paese abbia ben accolto nei propri costumi la cultura enoica. Da dieci anni la Cina è una delle principali tappe del Vinitaly World Tour, che quest’anno porterà il Vinitaly China, il più importante evento per il wine&food dell’Asia, prima a Hong Kong (4 novembre 2009) e poi a Shanghai (5 e 6 novembre 2009). Nello scenario asiatico, il Giappone rappresenta invece un mercato più stabile e maturo. Nel 1972 si consumavano nel Paese solamente 11 milioni di litri di vino, dei quali appena il 20% importati. A distanza di quasi 40 anni la domanda dei vini d’importazione si è più che triplicata, passando al 66%. Il mercato del vino in Giappone, durante il 2008, ha raggiunto un valore pari a 2 miliardi di euro, mentre quello dei vini importati sfiora i 400 milioni di euro. Un recente rapporto condotto da Iwsr (International Wine and Spirit Record) prevede inoltre che i consumi di vino in Giappone aumentino del 7%, per arrivare a un volume di 335 milioni di bottiglie entro il 2011. La performance dei vini italiani nel 2008 consente al nostro Paese di mantenere il secondo posto nell’esportazione - dopo la Francia e prima degli Stati Uniti - con il 15% del mercato per i vini fermi, raggiungendo addirittura uno share del 20% tra gli spumanti, a pari merito con la Spagna e secondi solo alla Francia. È un fatto che, soprattutto nelle grandi città, si stia assistendo a un progressivo spostamento dei consumatori di bevande alcoliche dal tradizionale saké e dalla birra, di cui i giapponesi sono grandi bevitori, verso vino e distillati di tradizione europea. Una evoluzione del gusto testimoniata anche dall’incredibile successo di un fumetto, “Kami no Shizuku”, dove il protagonista si trova ad attraversare il mondo per trovare “I 12 apostoli”, una collezione di vini descritti da suo padre nel testamento. L’effetto di questo manga sul mondo reale è tale che basta una citazione per far vendere migliaia di bottiglie e ora persino gli importatori organizzano le consegne di alcuni vini basandosi sulle apparizioni nel fumetto, che in alcuni casi hanno portato addirittura a triplicare i volumi di vendita. Fra i giapponesi di età superiore a 20 anni, l’85% dichiara di bere bevande alcoliche. Tra questi, il 50% non beve vino, il 30% ne consuma solo un paio di volte all’anno, il 14% lo beve ogni tanto e solo il 6% lo beve quasi ogni giorno. Il consumo medio pro capite è di soli 2,2 litri, mentre nell’area di Tokyo e Yokohama si beve ben il 47% di tutto il vino acquistato in Giappone, grazie a un consumo pro capite di 5,4 litri. Il prossimo 25 novembre Tokyo sarà, per la quarta volta, sede del Vinitaly Japan, evento di punta per la promozione del vino italiano in Giappone. In programma, un’intera giornata di workshop commerciale accompagnata da un programma di seminari e degustazioni, particolarmente apprezzate dal pubblico nipponico.
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