Zonin a Portacomaro ha 180 ettari e
nella zona produce soprattutto Barbera,
Grignolino e Barbera, Dolcetto. ”Il Piemonte ha un’immagine
importante nel mondo-ha detto Giuseppe Zonin - una terra che produce vini
eccezionali e famosi, vini importanti. Quando siamo arrivati in Piemonte
abbiamo incominciato con Cabernet ed altre cultivar internazionali: siamo
poi tornati alle varietà autoctone, facendo marcia indietro. E’ inutile
piantare Chardonnay o Cabernet che si possono coltivare con successo in
Friuli e in Veneto. L’Italia si salverà sul mercato grazie ai vitigni
autoctoni ed ai prezzi che dovranno essere competitivi per l’alta
qualità.”
Molto entusiasmo e determinazione, la giusta preoccupazione per i segnali
che arrivano. I “Supertuscan” non si
vendono più come qualche tempo fa, sembra che
circa l’80% quest’anno sia rimasto invenduto- il commento di
Luigi Dezzani è chiaro- da noi la
Barbera può essere venduta in molti modi e non sono così preoccupato dalla
possibilità che imbottigliatori presenti fuori dalla zona di produzione (
e dall’Italia) possano commercializzare il vino: è però decisivo
controllare i quantitativi di produzione ed assicurare la qualità che deve
essere perseguita fin dal vigneto.
“Solo una ridotta percentuale di Barbera è “venduta bene”, queste le
parole di Michele Chiarlo- una massa
importante di Barbera non è sufficientemente qualificata e 200 etichette,
quante sono sul mercato, non possono avere la pretesa di essere vendute a
prezzo elevatissimo, deve esiste ottima vino venduto dal produttore a d un
prezzo compreso tra i 3 ed 5 euro ed essere di valida qualità.”
Mentre i vini di fascia alta evidenziano una flessione ed i prezzi troppo
elevati sembrano costituire una zavorra alle vendite, alcune tipologie
provano ad emergere: “Ma, attenzione-ha commentato
Gerbi dell’Università di Torino- qualche anno fa dicevo che
non esistevano più barbera che sapevano di barbera, troppo legno che
copriva la freschezza ed il fruttato, garanzia di longevità del vino. Lo
sbandamento che il Piemonte ha avuto è stato causato da una
professionalità distorta, sull’onda di rilievi che mostravano come il
legno giovane conferiva lunga vita al vino e stabilizzava il colore: ogni
strumento deve essere impiegato con giudizio”.
Tra i produttori già affermati spuntano gli agguerriti emergenti come
Gianni Betta dell’Azienda Agricola ‘l
Columbè e Franco Cavallero di Cascina
Sant’Agata, ma occorre ricordare anche Giuseppe
Guido della “Pescaja” e Vergnano
di Cascina Gilli. Un Monferrato ricco di sfaccettature e di potenzialità,
in parte espresse: è il caso del Ruquè,
vino che viene venduto molto bene in esportazione-Paesi Asiatici,
Giappone, India- e può ancora fare molta strada. Non si deve peraltro
sottovalutare l’ipotesi di sperimentare e riprendere ipotesi di lavoro
come nel caso della cultivar Albarossa
( Nebbiolo-Barbera) da un’intuizione del professor
Dalmasso.
Il vino è cultura ma ora si deve passare ad una nuova fase- commenta
Luciano Nattino - sono le persone, gli
abitanti che devono promuovere il territorio, l’ambiente, l’habitat:
testimonianze e vissuto, rappresentazione della realtà, della memoria del
presente, la ricchezza, in definitiva, deve essere conservata tutta.
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