17.03.2004 | Cultura e Tradizioni

Da Zonin e Michele Chiarlo agli emergenti del territorio

Il convegno di Cortanze sul “sogno del Monferrato” ha visto numerosi protagonisti dell’enologia nazionale alternarsi negli interventi utili ad analizzare il momento storico che vive la terra del Monferrato. Valorizzazione del territorio, equilibrato rapporto tra qualità e prezzo, giusta collocazione nei diversi mercati: i temi sono uguali per tutti ma nel Monferrato sono presenti produttori di rilievo.

Zonin a Portacomaro ha 180 ettari e nella zona produce soprattutto Barbera, Grignolino e Barbera, Dolcetto. ”Il Piemonte ha un’immagine importante nel mondo-ha detto Giuseppe Zonin - una terra che produce vini eccezionali e famosi, vini importanti. Quando siamo arrivati in Piemonte abbiamo incominciato con Cabernet ed altre cultivar internazionali: siamo poi tornati alle varietà autoctone, facendo marcia indietro. E’ inutile piantare Chardonnay o Cabernet che si possono coltivare con successo in Friuli e in Veneto. L’Italia si salverà sul mercato grazie ai vitigni autoctoni ed ai prezzi che dovranno essere competitivi per l’alta qualità.”

Molto entusiasmo e determinazione, la giusta preoccupazione per i segnali che arrivano. I “Supertuscan” non si vendono più come qualche tempo fa, sembra che circa l’80% quest’anno sia rimasto invenduto- il commento di Luigi Dezzani è chiaro- da noi la Barbera può essere venduta in molti modi e non sono così preoccupato dalla possibilità che imbottigliatori presenti fuori dalla zona di produzione ( e dall’Italia) possano commercializzare il vino: è però decisivo controllare i quantitativi di produzione ed assicurare la qualità che deve essere perseguita fin dal vigneto.

“Solo una ridotta percentuale di Barbera è “venduta bene”, queste le parole di Michele Chiarlo- una massa importante di Barbera non è sufficientemente qualificata e 200 etichette, quante sono sul mercato, non possono avere la pretesa di essere vendute a prezzo elevatissimo, deve esiste ottima vino venduto dal produttore a d un prezzo compreso tra i 3 ed 5 euro ed essere di valida qualità.”

Mentre i vini di fascia alta evidenziano una flessione ed i prezzi troppo elevati sembrano costituire una zavorra alle vendite, alcune tipologie provano ad emergere: “Ma, attenzione-ha commentato Gerbi dell’Università di Torino- qualche anno fa dicevo che non esistevano più barbera che sapevano di barbera, troppo legno che copriva la freschezza ed il fruttato, garanzia di longevità del vino. Lo sbandamento che il Piemonte ha avuto è stato causato da una professionalità distorta, sull’onda di rilievi che mostravano come il legno giovane conferiva lunga vita al vino e stabilizzava il colore: ogni strumento deve essere impiegato con giudizio”.

Tra i produttori già affermati spuntano gli agguerriti emergenti come Gianni Betta dell’Azienda Agricola ‘l Columbè e Franco Cavallero di Cascina Sant’Agata, ma occorre ricordare anche Giuseppe Guido della “Pescaja” e Vergnano di Cascina Gilli. Un Monferrato ricco di sfaccettature e di potenzialità, in parte espresse: è il caso del Ruquè, vino che viene venduto molto bene in esportazione-Paesi Asiatici, Giappone, India- e può ancora fare molta strada. Non si deve peraltro sottovalutare l’ipotesi di sperimentare e riprendere ipotesi di lavoro come nel caso della cultivar Albarossa ( Nebbiolo-Barbera) da un’intuizione del professor Dalmasso.

Il vino è cultura ma ora si deve passare ad una nuova fase- commenta Luciano Nattino - sono le persone, gli abitanti che devono promuovere il territorio, l’ambiente, l’habitat: testimonianze e vissuto, rappresentazione della realtà, della memoria del presente, la ricchezza, in definitiva, deve essere conservata tutta.

Paolo d'Abramo
Responsabile scientifico
Enologia e Viticoltura 

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