Tempo di vendemmia e di allegria, così raccontano i contadini di una volta. Ricordi di altri tempi, quando vicini di casa, amici e parenti, in perfetta armonia tra loro, erano pronti a darsi una mano gli uni con gli altri, soprattutto nei lavori agricoli, come la semina, la mietitura e soprattutto la vendemmia.
Non si era mai da soli a lavorare nella propria vigna o nel proprio campo. Il periodo delle raccolte era sempre una festa, quando tutto il vicinato si riuniva e in stretta collaborazione si ci prodigava per fare a turno, un giorno nel campo di uno e un giorno nel campo dell'altro.
Tempo di vendemmia e di allegria, si diceva allora, perché la vendemmia più che un lavoro era una grande festa. Un modo per stare insieme, lavorare e godere della piacevole compagnia di tutti. Una lunga festa che cominciava verso metà settembre e si protraeva fino a tutto novembre. Così di buon'ora tutti insieme, bambini, nonni, uomini, donne e ragazzi, ognuno con la cesta in mano ed una forbice, si avviavano verso la vigna. La giornata trascorreva serena tra canti, barzellette e risate. I bambini felici che come in un gioco, facevano a gara a chi riempiva prima la propria cesta. Una sostanziosa colazione a metà mattinata fatta di uova fritte, formaggi e salami della casa e vino. E poi di nuovo tutti a raccogliere fino alla sera.
Al calar del sole, gli uomini andavano in cantina per la pigiatura, mentre le donne in cucina a preparare la cena, una cena molto ricca con pasta fatta a mano, in genere fusilli o cannelloni e poi per secondo polli e conigli allevati all'aperto, pane caldo appena sfornato, salami, formaggi e vino in quantità. Finita la cena si cominciava, a suon di fisarmonica, con canti e balli tradizionali. Nessuno avvertiva la stanchezza della giornata di vendemmia appena finita, ognuno si sentiva parte di una grande famiglia, un gruppo unito e solidale. All'alba successiva tutto ricominciava nella vigna del vicino, così fino a che la vendemmia non fosse terminata per tutti.
Tempo di vendemmia e di allegria, non è più così
Quanta nostalgia negli occhi dei nostri nonni quando ci raccontano di quei tempi, e di quante storie d'amore sono nate in quelle circostanze, tra un ballo, una canzone romantica e qualche frase dolce che toccava il loro cuore. Loro ricordano tutti i particolari, e raccontandoli gli si riga il viso di lacrime. Lacrime di gioia dei tempi passati, ma lacrime di tristezza al pensiero che ora tutto è finito. Oggi son cambiate le cose, ma soprattutto sono cambiate le leggi. Ci sono ancora amici pronti a darti una mano, e che aspettano la vendemmia per passare una giornata in felice compagnia tra canti ed allegrezza, e magari anche la sera vicino ad una tavola apparecchiata con cibi genuini, ma non è più possibile farlo, è vietato dalla legge.
Dalle mie parti si vendemmiano le uve Aglianico e Fiano di Avellino, ma ora la legge dice che quel vicino di casa con cui stai sempre insieme, che quell'amico dell'infanzia che ti è stato sempre vicino nelle gioie e nei dolori, insomma quelle persone con cui bevi il tuo vino, con cui passi la maggior parte della tua vita, non possono più venire a vendemmiare nella tua vigna, e tu non puoi più andare nella loro. Se vengono li devi assumere come operai, li devi assicurare, le devi pagare la giornata e devi pagare le tasse allo stato.
Tempo di vendemmia e di allegria, vietato da una legge ingiusta
Questa legge ha distrutto l'allegria, ha distrutto i vincoli di affetto e di amicizia, la cosa più bella che gli umili contadini potevano vantare, la relazione umana, la gioia di stare insieme e il piacere di lavorare in compagnia, divertendosi come solo loro sanno fare. Eppure sin dai tempi antichi la vendemmia è sempre stata una festa. Una festa documentata negli annali di tutti gli stati contadini, ce lo raccontano i libri della scuola, le poesie per bambini, ce lo raccontano le canzoni, i disegni e gli antichi affreschi. Si, ogni cosa ci ricorda che la vendemmia è una festa, ma lo stato l'ha "uccisa". Questa festa antica è stata "sacrificata" sull'altare del fisco, per raccogliere quei pochi spiccioli di tasse. Che vergogna!
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