28.11.2005 | Eventi

Barbaresco Wine Festival

Il Salone del Comune di Barbaresco ha ospitato nel secondo week-end di ottobre la terza edizione del “Barbaresco Wine Festival”, manifestazione fortemente voluta ed organizzata in primo luogo da Francesco Gigliotti, titolare de La Gibigianna, l’enoteca wine bar che è anche punto di mescita dell’Enoteca Regionale del Barbaresco, insieme al sindaco del famoso paese langarolo nonché affermato enologo, Giancarlo Montaldo, con l’obiettivo di dare la possibilità agli appassionati di assaggiare e confrontare i vini prima di acquistarli...

Una ghiotta occasione per impreziosire la cantina con le bottiglie delle annate preferite di questo blasonato vino.
Trenta le aziende produttrici selezionate che hanno messo in degustazione i vini delle ultime vendemmie, spaziando dal 1997 al 2002, una sessantina di etichette di Barbaresco delle sottozone più prestigiose con gli stessi produttori presenti dietro ai banchi di degustazione per raccontare i loro vini e le loro aziende.

In rigoroso ordine alfabetico erano pertanto allineati i rappresentanti delle aziende Albino Rocca, Busso Piero, Ca’ del Baio, Cantina del Glicine, Cantina del Pino, Cascina delle Rose, Cascina Luisin, Cascina Morassino, Castello di Verduno, Cigliuti Fratelli, Ceretto, Cortese Giuseppe, Fontanabianca, Gastaldi, Giacosa Carlo, Giordano Luigi, Lequio Ugo, Moccagatta, Molino, Montaribaldi, Nada Fiorenzo, Negro Giuseppe, Poderi Colla, Produttori del Barbaresco, Prunotto, Rabajà di Rocca Bruno, Ressia, Sottimano, Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy e Varaldo, tutti preda degli assaggi e delle curiosità formulate dal numeroso pubblico intervenuto nelle due giornate di degustazione.

Molto interessante è stata la comparazione delle annate dal 1999 al 2002, compresa quest’ultima, molto bistrattata alla vigilia ma che ha riservato invece piacevoli sorprese grazie all’abilità in vigna ed in cantina di alcuni produttori, ennesima conferma dell’unicità dei vini italiani frutto di un monovitigno, i soli a riuscire appieno a rispecchiare le caratteristiche dell’annata di vendemmia.

Nell’ambito della rassegna è stata organizzata una degustazione verticale di cinque annate di Barbaresco che ha rivelato l’eccezionale longevità di questo vino. I vini degustati sono stati nell’ordine:

1. Barbaresco Martinenga Camp Gros 1995 – Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy – Barbaresco.
Vino di colore rosso aranciato, al naso profumi di cuoio e sottobosco non troppo pronunciati, con una spiccata acidità e tannini persistenti

2. Barbaresco Basarin 1990 – Az. Agr. Moccagatta – Barbaresco
Vino che rispecchia la grande annata con un colore ancora parecchio intenso, in bocca decisamente fresco con un eccezionale equilibrio tra tannino ed acidità. Sicuramente un vino ancora molto longevo.

3. Barbaresco Riserva Pajè 1982 – Produttori del Barbaresco – Barbaresco
Primo anno di produzione di questa Riserva, ottimo colore rosso aranciato con un pronunciato sentore di gomma e pellame, marcata tannicità e persistenza in bocca.

4. Barbaresco Riserva Rabajà 1979 – Produttori del Barbaresco – Barbaresco
Un vino che a dispetto del colore aranciato denuncia un’incredibile giovinezza con una sentita vinosità ed una notevole persistenza, equilibrio incredibile tra profumo e gusto.

5. Barbaresco Rabajà Basarin 1971 – Cascina Luisin di Minuto Luigi – Barbaresco
Un vino a dir poco eccezionale, ad iniziare dal colore aranciato brillante e dal forte profumo di cioccolato al naso. In bocca un gusto pieno e persistente che per nulla denuncia la sua “anzianità”.
In sala era presente il figlio del produttore, Roberto Minuto, classe ’74, che ci ha brevemente raccontato la storia di questo vino, ancora oggi fiore all’occhiello del settantenne papà Luigi.
Il 1971 è stata un’annata piovosa fino a luglio, quindi particolarmente calda fino a fine settembre. L’ultima vinificazione ha infatti data 30 ottobre, dopo 15-20 giorni di fermentazione in vasca di cemento vetrificata ovviamente per nulla termoregolata.
A causa del freddo e della pioggia persistente dell’anno seguente, clima che portò all’unanime decisione di tutti i produttori di non produrre né Barbaresco né Barolo, il vino fece la fermentazione malolattica spontanea nella primavera del ’73.
Dopo una lunga permanenza in botte di legno di grande capacità, il Barbaresco ’71 venne imbottigliato a sei anni dalla vendemmia.
Tutto questo per testimoniare che anche con gli arcani sistemi di vinificazione di quegli anni si riusciva a fare dei grandi vini che non devono temere il confronto con i “cugini” più complessi e modernizzati di oggi.

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Luciano Pavesio
lucianopavesio@yahoo.it

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