Il presidente e il direttore della Coltivatori diretti fanno il punto sulle prospettive che le aziende hanno di fronte. «Importante chiudere il ciclo di traformazione dei prodotti».
GROSSETO. Da sempre l'agricoltura uno dei pilastri su cui poggia l'economia della Maremma, e la valenza che l'agricoltura maremmana ha anche su scala nazionale può misurarsi anche dalla scelta della Coldiretti (800.000 iscritti in Italia) di tenere qui la assemblea nazionale della federpensionati. Non poteva esserci migliore occasione per sentire il polso dell'agricoltura grossetana e per avere indicazioni su quelle che possono essere le sue prospettive.
«Il trend delle produzioni agricole - spiega il direttore della Coldiretti provinciale, Andrea Crestani - è in positivo per quanto riguarda i prodotti della trasformazione (formaggi, olio, vino)» e questo dimostra che anche per altri settori in Maremma si deve ormai puntare alla chiusura delle filiere, e bisogna ormai puntare non tanto a contributi a pioggia che premino la quantità degli ettari, quanto chi investe e dà così ricaduta sul mercato portando avanti nuove risorse.
«In Maremma - spiega il presidente provinciale della Coldiretti, Massimo Neri - va avanti un modello di sviluppo che è divenuto esempio all'intera comunità: uno sviluppo integrato che non presenta una agricoltura superspecializzata cone nel Nord Italia, nè una agricoltura assistita come accade nel Sud, ma poggia invece sull'ambiente, che ci è giunto intatto grazie anche al mondo agricolo, e si lega a prodotti di qualità come il vino che ha richiamato in questi anni grandi investimenti anche dall'estero, o l'agriturismo».
Chiudere le filiere. Neri concorda pienamente con il suo direttore: «Ora stiamo cercando di chiudere le filiere, di lavorare completamente i nostri prodotti, andando dalla semina al prodotto finito, e per fare questo abbiamo necessità di avere investimenti in industrie di trasformazione (oltre a quelle che già abbiamo) e puntiamo alla cooperazione per recuperare il valore aggiunto dei nostri prodotti che al momento, spesso, finisce altrove. Sarà determinante, attraverso i piani di sviluppo rurale, spostare in questo senso le risorse.».
Il presidente della Coldiretti spiega che «il problema non è solo quello di vendere il prodotto, ma piuttosto quello di garantire una 'sicurezza alimentare' che si basi sull'uso di produzioni maremmane che già siamo in grado di fornire».
16.000 aziende. L'agricoltura sta dunque vivendo una fase nuova. Conta in Maremma 15-16.000 aziende, undicimila delle quali iscritte alla Camera di Commercio: non solo imprese o grosse aziende ma, in larga fetta, piccole realtà a conduzione familiare che si legano spesso alle produzioni tipiche. «Produciamo per esempio grano nella pianura - dice Crestani - ma non ad uso zootecnico, bensì grano duro che però non trova il giusto riconosvimento nel mercato. Dovremmo anche in questo seguire la stessa strada già percorsa per il vino e per l'olio».
L'acqua che non c'è. Uno dei maggiori problemi che l'agricoltura si trova di fronte in Maremma è quello dell'acqua. I condizionamenti meteorologici e climatici (piovosità di tipo predesertico) stanno mettendo in ginocchio il comparto cerealicolo e quello zootecnico, tanto che «i grani già quest'anno mostrano evidenti segni di stress nutrizionale, il che vale anche per i foraggi e si ripercuote quindi sulla zootecnia». Ma l'effetto più allarmante viene dalla carenza di acqua nelle falde: chi attinge ai pozzi incontra acqua salata, e mancano - notano i dirigenti provinciali della Coldiretti - strutture come gli invasi in collina che possano garantire il futuro. La zootecnia, inoltre, risente di crisi importanti che però non riguardano la nostra zona e che su di noi ricadono solamente in modo restrittivo.
Distretto rurale d'Europa. E' importantissimo - dicono convinti Neri e Crestani - e dobbiamo dar atto all'assessore Pacciani, che con maggiore forza di tutti gli altri ha voluto questo riconoscimento, che potrà portare grandi vantaggi alla nostra provincia.