I commensali pensarono, invece, che il Padre
della Chiesa d'Oriente avesse trovato in quel vino virtù tali da
nominarlo "Santo". Fu così che il "Vin
Pretto" divenne "Vin Santo".
Aneddoti a parte non è da escludere che il nome "Vin Santo" derivi
più semplicemente dall'uso che ne veniva fatto durante la
celebrazione della messa, tanto è vero che in alcune zone questo
prodotto prendeva il nome di "Vino dei preti", oppure che l'origine
del nome risieda nel giorno 1° novembre, cioè quello di Ognissanti,
data nella quale, nei tempi antichi, era tradizione
appendere l'uva ai soffitti per farla
appassire.
IL VIN SANTO
Il vin santo è una produzione antichissima
e tipica della Toscana. C'è quello amabile o dolce,
ideale a fine pasto, e quello semisecco o secco, indicato anche come
aperitivo. Ha una gradazione alcolica più elevata rispetto ad altri
vini, anche se generalmente è bevuto a fine pasto, o per
accompagnare il dessert. E' stato definito
il vino dell'ospitalità, perché viene offerto in
occasioni di festa. Inoltre ha il merito di sostituire l'uso dei
superalcolici, quali grappa, brandy, whisky, che hanno sicuramente
una gradazione alcolica superiore.
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Il suo gusto però è
talmente pieno e generoso che appaga il palato in egual
misura. C'è quello fatto con le
uve bianche e il meno diffuso "occhio di pernice",
ottenuto dalle rosse uve del Sangiovese. Da qualche anno
ci sono anche
le Doc: del
Chianti,
di San Gimignano,
di Montepulciano
e di altre zone vinicole della Toscana. |
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Su Wines of Tuscany una eccellente
selezione di Vin Santo |
LA PRODUZIONE - Le uve
Non tutte le uve possono essere vinificate per produrre il vin santo
e spesso l'uva che riesce a far del vin santo in un luogo, è
difficile che lo sia ugualmente in un altro. Si preferiscono quelle
con la buccia spessa e gli acini radi in quanto possono avvizzire
senza marcire durante l'appassimento. Le uve prodotte in terreni
troppo fertili ed umidi danno maggiori problemi di conservazione
perché contengono troppe sostanze azotate; vengono pertanto scelti i
vitigni posti in terreni secchi, ventilati e soleggiati, con
fogliame rado e di questi solo i grappoli posti non troppo vicini a
terra. In Toscana le uve più utilizzate per il vin santo sono il
Canaiolo Bianco, lo Chardonnay, il Grechetto,
la Malvasia, il Trebbiano, il S. Colombano, il Pinot.
L'appassimento delle uve
Scelte le uve più idonee per la produzione del vin santo, queste
devono subire un lento processo di appassimento prima di poter
essere vinificate. Questo procedimento presenta notevoli difficoltà
perché costoso, poco pratico e rischioso a causa delle muffe che
potrebbero danneggiare irrimediabilmente le uve.
Basti pensare che per poter appassire 100 Q.li di uva con il metodo
tradizionale , ossia collocando i grappoli su graticci di stuoia,
legandoli a pioli di scale a due a due, oppure appendendoli
direttamente al soffitto, occorrono circa 150 mc. di ambiente ben
areato , per cui si prediligono le soffitte, mentre sono
assolutamente da escludere cantine , seminterrati e capannoni.
Durante questo periodo che varia dai 3 ai 6 mesi, le uve devono
essere periodicamente controllate e pulite dal personale, i locali
devono essere chiusi nei giorni di pioggia e di nebbia, occorre
verificare che insetti dannosi per le uve , come le api e le vespe,
non abbiano nidificato all'interno, e controllare la temperatura
interna ( temperature più alte accorciano i tempi di appassimento e
viceversa). L'appassimento comporta, dal punto di vista economico,
un notevole problema per il produttore, in quanto si verifica una
riduzione di peso consistente; in pratica per poter ottenere 1 kg di
uva appassita da vin santo occorrono almeno 30 Kg di uva fresca.
Ammostamento e fermentazione in caratello
Terminata la fase di appassimento, l'uva viene spremuta previo "scattivamento",
ovvero l'eliminazione degli acini non in perfetto stato di
conservazione. L'importanza dell'ammostamento deriva prima cosa dal
fatto di non effettuare il "deraspamento", ossia la separazione
degli acini dal raspo, poi dalla necessità di non stritolare la
buccia durante la pressatura.
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Il mosto così ottenuto, una volta
decantato, viene immesso direttamente nel caratello di
legno per la fermentazione. L'uso è quello di riempire
il caratello solo per 2/3 per permettere ai gas
sviluppati dal processo di avere sufficiente spazio, |
in quanto il caratello
deve essere sigillato per impedire l'ingresso
dell'ossigeno che comprometterebbe irrimediabilmente il
risultato finale. In questa fase il ruolo fondamentale
viene giocato dalla "madre", che, prelevata dai
caratelli il cui prodotto è stato imbottigliato, viene
unita al mosto. |
Terminata la fase
primaria di fermentazione il Vin Santo viene mantenuto nel caratello
originale, non più sigillato, controllandolo periodicamente ed
effettuando le periodiche ricolmature, per un periodo che varia dai
3 ai 5 anni. Dopo questo periodo di tempo, tra cali
naturali e trasformazione in "madre", circa il 50% del mosto
iniziale viene perduto, ma il risultato di quello che resta è una
vera delizia per il palato.
Imbottigliamento
Terminato l'invecchiamento il vin santo
viene tolto dal caratello per essere imbottigliato,
subendo un processo di filtrazione, usufruendo di filtri di
cellulosa o filtri a cartone, in modo da separare le eventuali
sospensioni presenti nel liquido e varie analisi chimiche. La
maggior parte dei vin santi in commercio sono presentati in
bottiglie di vetro cosiddette "bianche" od incolore.
Il tappo in sughero deve essere di
primissima scelta e di ottimali dimensioni. L'ideale per
una bottiglia bordolese è un sughero con diametro 25-25,5 mm e
lunghezza almeno di 45 mm. La bottiglia deve essere posta
orizzontalmente per 15 giorni, in modo che il tappo non rilasci la
sua presa per effetto dell'eccessiva disidratazione;
consecutivamente la bottiglia può essere raddrizzata e conservata in
tale posizione.
VALORE NUTRIZIONALE
Il vin santo è a tutti gli effetti un alimento, oltre che una
bevanda, perché fornisce dalle 700 alle 800 calorie al litro.
Oltre 230 costituenti chimici sono stati finora isolati nel vino, e
il loro numero aumenta via via che si perfezionano le tecniche di
analisi. I costituenti più noti si possono raggruppare in due
categorie: gli alcoli e le sostanze non
alcoliche. Fra le sostanze non alcoliche sono presenti
zuccheri ,quali il glucosio e il fruttosio, vitamine, minerali ,come
il ferro e il rame, e moltissime altre sostanze, che nel complesso
gli conferiscono quel suo particolare sapore.
Fra gli alcoli ricordiamo l'alcol etilico, o etanolo, che si ottiene
dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nell'uva. E'
responsabile della gradazione alcolica, che nel vin santo deve
essere superiore a 15°. Questo perché il processo di appassimento
dell'uva comporta un aumento della quantità degli zuccheri
disponibili per la fermentazione. Da non trascurare è inoltre la
presenza di alcol metilico e di alcoli superiori, che nell'insieme
rappresentano meno dell'1% degli alcoli totali ma che sono
importantissimi perché contribuiscono a dare aroma e fragranza al
vino.
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