Da una ricerca dell’Unaprol si scopre che l’olio d’oliva italiano copre il 63% del mercato dell’est asiatico, dove il consumatore tipo ha un reddito medio-alto. La Cina è la prossima frontiera... |
Informato, consapevole, in possesso di una capacità critica che gli permette di anteporre l’interesse salutare al criterio del prezzo. Questo l’identikit del consumatore giapponese di olio d’oliva, emerso in occasione del convegno per la “V Giornata Internazionale dell’Olio”, aperta dal presidente dell'Enoteca Italiana Flavio Tattarini, che si è svolta a Roma, nella sala dell’Associazione della Stampa Estera in Italia.
È sufficiente un dato per evidenziare la reale potenzialità del mercato dell’Estremo Oriente: nel 1991 le importazioni in Giappone di olio d’oliva erano stimate intorno alle 4.943 tonnellate, al termine della campagna 2000/2001 a 29.000 tonnellate. Ed il modello Giappone, dove la campagna di promozione di olio d’oliva avviata nei primi anni Novanta ha portato ad una crescita del 600 per cento, rappresenta la strada da seguire nel resto dei paesi del Sud-Est asiatico, un mercato dalle grandi opportunità commerciali, ancora da esplorare completamente.
Partiamo comunque da una posizione leader: l’olio italiano ha infatti conquistato il 63 per cento del mercato Est asiatico, come rivelato dalla ricerca Unaprol (Unione Nazionale tra le Associazioni di produttori di Olive), in occasione del convegno romano.
“Negli ultimi dieci anni - ha affermato Nicola Ruggiero, presidente dell’Unaprol e del Consorzio nazionale di garanzia dell’olio extra vergine d’oliva di qualità - il consumo di olio d’oliva è aumentato del 6% in tutto il mondo. Sul mercato, attualmente, non vi sono eccedenze, e se oggi per puro caso, il consumo pro-capite di olio d’oliva in Cina, fosse uguale o molto vicina a quello dell’Australia - secondo quanto elaborato dallo stesso osservatorio economico dell’Unaprol - l’intera produzione olivicola europea non sarebbe sufficiente a soddisfare questo tipo di domanda”.
"Il boom dell'olio di oliva in Giappone - ha confermato Tetsuo Sakamoto, giornalista del Sankei Shimbun di Tokio - è legato allo sviluppo economico. Da lì, dagli anni Ottanta, il popolo nipponico ha iniziato a dare maggiore importanza a valori quali la qualità della vita e la salute. Proprio in quel periodo negli Stati uniti era in voga la dieta mediterranea e si parlava molto dei pregi dell'olio di oliva".
“La sfida del terzo millennio - ha sottolineato Enrico Lupi, presidente dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio - sta nell’entrare nel mercato asiatico. La Cina, ha mostrato estremo interesse verso il nostro prodotto, apprezzandolo prima di tutto per motivi salutistici. L’olio d’oliva si è rilevato infatti ideale per entrare nella cucina cinese, dove si fa spesso uso della frittura, avendo caratteristiche migliori degli altri oli”.
Potenzialità ancora inespresse per la Cina.
“Bisogna considerare - ha detto Fabrizio Calastra, Area Prodotti Agroalimentari dell’Istituto Nazionale per il Commercio Estero - che i due terzi delle esportazioni dell’olio d’oliva italiano si distribuiscono in soltanto tre paesi: Stati Uniti, Germania e Francia. L’un terzo rimanente viene suddiviso in altri 120 paesi, fra cui quelli dell’Estremo Oriente”.
Giappone in testa, con esportazioni pari a 55 milioni di Euro; Taiwan, con una crescita nel 2000 dell’81%, per 11 milioni di Euro; quindi la Corea (+56%) per 2 milioni di Euro.
FONTE: Alice.tv