17.12.2001 | Vino e dintorni

Il vino degli antichi Greci

A Carmignano un pizzico di storia all'interno del corso di degustazione.

CARMIGNANO. Il vino al tempo dei Greci, degli Etruschi e dei Romani non era certo uguale al nostro: mischiato ad acqua e talvolta a miele ed altre essenze vegetali, assomigliava più a succo di uva che alla bevanda che troviamo sulle nostre tavole. Prodotto all'inizio in modeste quantità, veniva usato nei simposi e per avvicinarsi alla divinità. Ma era diverso anche nel Medioevo e perfino nel Seicento, a giudicare dai quadri di Bartolomeo Bimbi conservati nella villa medicea di Poggio a Caiano che ci informano su vitigni oramai estinti. Di queste e di altre curiosità si è parlato ieri a Carmignano. Al circolo Arci «11 Giugno» nella centralissima piazza Vittorio Emanuele II è stata presentata «Collazione di lavori: saggi ed assaggi ricordando Federigo Melis»: una lezione che, partendo dal ricordo dell'insigne storico scomparso, ha visto l'antropologo Paolo De Simonis e Gianbruno Ravenni impegnati a ripercorrere la storia del nostro vino. Federigo Melis era uno storico dell'economia: a Prato ha studiato a lungo il mercante Francesco Datini. Ma era anche un grande appassionato di vini: nel suo peregrinare per il mondo era solito raccogliere sempre qualche bottiglia per la sua cantina personale. E quella collezione - oltre ottocento bottiglie da tutta Europa ed anche oltre, qualcuna datata inizio secolo - si trova oggi proprio nel Museo della Vite e del Vino di Carmignano, concessa in comodato gratuito dall'Archivio Datini a cui lo storico l'aveva lasciata in eredità.
L'appuntamento di sabato scorso si inserisce all'interno del corso di degustazione rivolto ai giovani, organizzato con discreto successo dal Consorzio dei viticoltori carmignanesi e dall'amministrazione comunale in queste settimane. Ma sarà aperto a tutti. E tappa obbligata, dopo la lezione, non poteva che essere il Museo della vite e del vino che si affaccia dalla parte opposta della piazza, di cui il curatore scientifico è stato proprio Paolo De Simonis.

FONTE: IL TIRRENO

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