Col suo sapore delicato che ricorda vagamente quello del carciofo,
in cucina il ciapinabò o
tapinambour che dir si voglia,
si prepara eliminando col coltello la buccia come si fa con le
patate, togliendo anche i bitorzoli e i piccoli nodi; poi si taglia
a rondelle e si immerge nell'acqua fredda per evitare che all'aria
si annerisca.
I ciapinabò sono ottimi sia crudi che in insalata, grattuggiati, a
fettine, cotti a vapore, trifolati, lessati, in salsa o abbinati a
una miriade di cibi. Un vero jolly, adatto alle soluzioni gourmet
più varie: timballi, tortini, sfogliate. E poi con la pasta, le
lasagne, sul vitello tonnato, la carne, gli arrosti, perfino con i
dolci.
L'unica sagra al mondo dei ciapinabò è a
Carignano, ideata in collaborazione con l'istituto
alberghiero Norberto Bobbio e Slowfood. In campo,
degustazioni, banchi d'assaggio, concorsi a tema, mostre,
conferenze, musica d'autore e una cena gourmet a Torino dedicata a
'Re tapinambour' presso il rinomato ristorante
La chioccia, via Saffi 2. Da non perdere (info
Comitato manifestazioni Città di Carignano, telefono 338 6034339).
Spiega Roberto Brunetto,
presidente del comitato organizzatore: "Questa pianta originaria
degli Stati Uniti d'America, lontana parente del girasole, a forma
di tubero e quindi di patata, è diventata oggetto di culto per
buongustai e non, tanto che molti ristoranti stellati (soprattutto
piemontesi) la propongono per la sua gioiosa versatilità, primo fra
tutti il fatto di essere ingrediente base della famosa bagna caoda".
Che sarebbe l'autunno pedemontano senza di essa? Da provare, visto
che l'autunno in Piemonte richiama sì i funghi, i tartufi ma anche e
soprattutto la bagna caoda.
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Per informazioni
Elisa Braccia
elisa.braccia@rcs.it |