Vi chiederete
perché l'azienda Librandi abbia
organizzato questo convegno con la partecipazione di illustri
accademici (relatori), di cui sotto vi relazionerò, e di numerosi
giornalisti del settore enogastronomico, con particolare riferimento
a quelli specializzati in materia di vino. Devo dire, ad onore del
vero, che in Calabria già esistevano campi
sperimentali, ottenuti da selezioni clonali di vecchi ceppi di vite,
ma molto spesso senza conoscerne l'origine e la storia
(vedi mio precedente articolo dal titolo:
''I Vitigni antichi della Locride'').
I f.lli Antonio e Nicodemo Librandi hanno dato vita, fin dal lontano
1993, ad una raccolta e selezione clonale
di ben 159 varietà di vecchie viti esistenti in tempi
remoti nel territorio, prendendo come base per un successivo
approfondimento il testo ''Terra d'uve'',
casa editrice Le Nuvole, della dott.ssa
Marilena De Bonis (per chi ne volesse sapere di piu' può
navigare il sito de: ''Le
nuvole'' - email:info@lenuvole.it), che ho avuto il
piacere e l'onore di conoscere nella mattinata del 16/09, durante la
visita ai vigneti sperimentali che ho effettuato in sua compagnia.
Una di quelle persone che mi è piaciuta fin da subito, per la sua
semplicità nel porgersi agli altri, per la sua riservatezza e
modestia, tanto da rasentare la timidezza. Non una vera e propria
ricercatrice universitaria del settore (è laureata in architettura),
ma una pura e semplice appassionata che è
stata spinta a compiere e portare avanti questo impegnativo e
meritorio lavoro di ricerca nelle biblioteche calabre e campane,
che è durato tre anni, spinta dalla curiosità di conoscere le cose
passate e soprattutto dall'amore per la propria terra natia.
|
Mi raccontava la dott.ssa Marilena de Bonis, che tanti anni fa suo
padre gli raccontava come, una volta in Calabria si facesse vino
buono (ed io aggiungo anche ai giorni nostri!!). Ecco la spinta ed
una delle motivazioni a capire da dove provenisse quel vino buono,
quali piante lo generassero ecc...
L'incontro con il prof. Nicodemo
è stato fatale, nel senso che, sulla base
di queste ricerche, è stato creato un vigneto sperimentale a forma
di 'spirale', molto originale ed insolito, contenente
qualcosa come 159 antiche varietà di vigneti calabri.
A questo impianto sono seguiti studi
approfonditi di ricerca del D.N.A. molecolare degli
stessi e quindi si è provveduto alla loro
catalogazione ampelografica, ed alle successive
microvinificazioni, di quelle specie ritenute le piu' interessanti
quali: l'arvino, il
greco bianco, la
guarnaccia ed il
mantonico. Tutta la sperimentazione
degli ultimi anni è stata seguita da illustri accademici, tra cui il
prof. Attilio Scienza, e da
alcuni relatori partecipanti al convegno, di cui ora vi riporterò un
sunto essenziale...
1) Ha aperto i lavori il prof. Nicodemo
Librandi che ha illustrato le varie fasi del progetto,
spiegando le motivazioni e le finalità dello stesso tra cui:
unire le forze tra tutti gli addetti ai lavori
della Calabria, per creare una sinergia in grado di
proporsi fuori dai confini regionali, per fare conoscere ed avanzare
nel mondo la viticoltura calabra; |
2) è seguito l'intervento del prof. Vito
Teti che ha raccontato il vino nella storia e
nell'antropologia della Calabria; |
3) la dott.ssa Marilena de Bonis,
di cui vi dicevo sopra, ha illustrato alcuni punti salienti
contenuti nel suo libro, e le motivazioni che l'hanno spinta a
questo impegnativo, ma utilissimo lavoro della
individuazione e salvaguardia delle 159 specie
di antichi vitigni, che diversamente avrebbero rischiato
l' estinzione perenne; |
4) è stato poi il turno del prof. Mario
Fregoni, che ha sottolineato il fatto di come stiamo
andando verso una 'internazionalizzazione
del gusto', per cui se non vogliamo che ciò accada (a mio
avviso ciò è già accaduto da almeno 7/8 anni n.d.r.) bisogna
salvaguardare e puntare sui vitigni autoctoni;
il male moderno è stato lo 'stile bordolese'
che tutti abbiamo inseguito ed imitato. |
Ma ora con l'avvento sempre piu' massiccio dei vini dei paese
emergenti extra-UE sui nostri mercati, questo non è piu' possibile
perché da noi la coltivazione di 1/ha di vite comporta almeno
300/400 ore, mentre nei paesi extra UE, dove la mano d'opera costa
molto meno, sono sufficienti solo 50 ore/ha. Ha trattato poi il
prof. Fregoni della normativa comunitaria
delle Doc e della necessità di introdurre la
denominazione del vitigno in etichetta, un vitigno che dovrà essere
presente al 100% nel vino e non all' 85% (15% di altre uve) come
avviene oggi; |
|
5) è intervenuta la dott.ssa Stella Grando,
che ha illustrato i risultati di ricerche condotte negli ultimi anni
secondo i quali il sangiovese, che tutti conosciamo e che è il
vitigno maggiormente diffuso in Italia, ha genitori ed origini
calabresi (si veda a tal proposito mio precedente articolo dal
titolo: ''L'origine
del Sangiovese è calabrese''). |
Praticamente è stato generato dal
ciliegiolo e calabrese di Montenuovo, ritrovato sul lago
d' Averno in Campania, ivi importato dalla Calabria. Molte delle
varietà allevate nel vigneto 'a spirale' dei Librandi, in effetti
sono riconducibili agli stessi cloni, basti pensare che
su 90 specie esaminate sono stati rintracciati
solamente 25 profili, chiamati purtuttavia con nomi
diversi; |
6) interessante anche la relazione della dott.ssa
Anna Schenider, signora dai modi
gentili e molto fini, che ha spiegato come molti vitigni calabresi
in effetti provenissero dalla Magna Grecia, tanto è vero che alcuni
vitigni definiti 'marinari' come
ad esempio la Malvasia di Lipari la ritroviamo poi in altre zone di
mare con diversi nomi quali: Bosa di
Cagliari, Greco di Bianco, Greco di Gerace ecc.; |
7) il dott. Mannini ha bene
spiegato come tante cultivar altro non siano che espressioni delle
modifiche apportate da infezioni virali, tra cui la piu' diffusa è
senza dubbio l'accartocciamento fogliare; |
8) l'agronomo dott. Paoletti ha
poi bene illustrato le condizioni ottimali
per una moderna viticoltura dove è necessario una
equilibrata ed ottimale interazione tra: vitigno, terreno, clima ed
intervento dell'uomo; |
9) ha chiuso il ciclo degli interventi tecnici il prof.
Donato Lanati, docente di enologia,
il quale ha spiegato che ormai le Doc sono superate, in quanto con
queste non si controlla l'origine dei vini, ma la si certifica
solamente, mentre oggi la scienza ci permette di accertare al 100%
l'origine territoriale dei vini con un esame che è la
Risonanza Magnetica Nucleare. |
Proprio come avviene in medicina per l'uomo; questa tecnica non
deve essere temuta dai viticoltori onesti, ma essere
vista invece come una autocertificazione, che ci consentirà nei
prossimi anni di ridurre sensibilmente le frodi sulla provenienza
territoriale dei vini. Ha continuato spiegando come da un uva con un
acino piu' piccolo si possa ottenere una maggiore qualità del
prodotto finale. |
Presenti al convegno infine l'Ass.
Regionale all' Agricoltura, che ha manifestato una
presenza costante, per i prossimi anni, della regione Calabria, nel
seguire questi importanti progetti privati, a cui ha fatto seguito
l'intervento del Sottosegretario
all'Agricoltura che pubblicamente si è impegnato a
sostenere in vari modi questo progetto lungimirante. |
Dal punto di vista tecnico-sperimentale la Calabria sta facendo
molto e bene, grazie anche ad iniziative private come quella dei
f.lli Librandi, che nei prossimi anni consentirà ai viticoltori
calabri di produrre vini unici ed originali, strettamente e
profondamente legati al territorio di origine da millenni, mentre
dal punto di vista del marketing e dell'immagine ho notato un certo
ritardo, rispetto ad altre regioni limitrofe, nel senso che non
esiste un organismo Pubblico/privato a ciò deputato (Enoteche
regionali, Associazioni di produttori ecc.).
Basterebbe copiare e prendere spunto da realtà ben piu' organizzate
in tal senso, quali ad esempio l'Assovini in Sicilia, l'Assivip
nelle Marche ecc., dove sono confluiti oltre 60 produttori, e le
varie Enoteche Regionali sparse in tutta la penisola, in modo tale
che anche questa regione, che da quanto ho visto e toccato con mano
in questi giorni (meglio sarebbe scrivere con naso-palato), ha
grandi potenzialità e possibilità, ma che se non vengono organizzate
e coordinate da organismi a ciò preposti, rischiano di vanificare il
lavoro svolto da migliaia di viticoltori.
L'unione fa la forza e quanto prima gli amici calabri ne prenderanno
coscienza, quanto prima potranno fare il salto di notorietà ed
immagine, per un maggiore e meritato sbocco sui mercati interno ed
internazionale.
Grazie della vs attenzione cari amici lettori e come
di consueto: Prosit con i magnifici vini di Calabria.
|