E con questa polemica vorrei veramente chiudere. Sempre in occasione
dell'assemblea sopra citata, durante lo spoglio delle schede, il
direttore ci ha resi edotti dei passi fatti in merito alla modifica
dell'attuale disciplinare di produzione, illustrando per l'ennesima
volta le piramidi. Ahimè, francamente mi sembra di esser tornato
alla seduta plenaria di Gennaio, e cioè: Oltrepo metodo classico,
Pinot nero oltrepo, colli oltrepo rosso, colli oltrepo bianco, colli
oltrepo barbera, colli oltrepo riesling, colli oltrepo croatina e
ultimo ma non ultimo Bonarda. Modifica? In cosa? Mi sembra un
riordino; è sicuramente un disciplinare più ridotto, razionale e
schematico di quello esistente,che per contro è una conseguenza non
ragionata, ma un susseguirsi di aggiunte, versioni e tipologie nel
modo più caotico, poco pensato, frutto solo del "mi chiedono la
barbera bianca, Ok, aggiungi", ma i cambiamenti?
La pecca maggiore di questo disciplinare è l'essere completamente
orfano di un vino bandiera sotto il quale identificare la nostra
zona; tutti i vini sopra citati concorrono in egual misura, con
l'handicap di essere completamente slegati dal territorio, in quanto
riconoscibili esclusivamente per il nome del vitigno o genericamente
con Oltrepo. Mentre la bandiera deve essere una e
riconducibilissima, immediata, sposata alla zona di produzione!
Decidiamo quale una volta per tutte, se è vero come è vero che l'uvaggio
oltrepadano ha risalito la china nei confronti del pinot nero
(situazione auspicabile da chi scrive), dedichiamo a questo vino
tutto ciò che si merita: disciplinare con il suo modello di
produzione, ma soprattutto il nome! Assolutamente legato al
territorio, non riproducibile. Non possiamo assolutamente schiodarci
da questo punto, produciamo pure tutto, ma rendiamoci riconoscibili
con una bandiera.
Ritorniamo a prendere in considerazione le due denominazioni,
Casteggio e Rovescala, accantonate sembra, eppure a mio giudizio
l'unica risorsa applicabile senza stravolgimenti di tipologie e
versioni esistenti. Denominazioni indissolubilmente legate al
territorio, e assolutamente NON riproducibili.
Lasciamo per favore perdere il campanile, solo persone completamente
ignoranti e bigotte possono muovere proteste perché il loro comune
di appartenenza non è citato, torno a ripetere (fino alla noia) che
i produttori di Treiso e Neive sono ben contenti di produrre
Barbaresco; così come quelli di Monforte, Serralunga, La Morra
ecc…Barolo. Non guardiamo il nostro orticello, allarghiamo un
tantino i nostri orizzonti di pensiero e quindi di vendita. Non a
Los Ageles, ma solo a Como, i consumatori non sanno neanche se
esistono Rovescala piuttosto che Montù B. o Castana, Borgo Priolo
ecc… Quindi i nomi dei comuni di Casteggio e Rovescala saranno solo
i loghi del nostro territorio, non saranno assolutamente più
importanti perché citati. Sempre per parlare di Langa, Barolo nella
fattispecie come comune, non è assolutamente più importante di La
Morra, il quale per contro non soffre della benché minima
sudditanza. Quindi ragioniamo in termini di nomi bandiera, il comune
sarà fornitore del nome, solo del nome, che diverrà il logo di
quella zona.
Soprattutto, per ovviare a questo problema nome, non tiriamo fuori
dal cilindro nomi di fantasia quali (mi pare di aver sentito) "Barbarossa"
per essere presi seriamente in considerazione con un nome del genere
ci vorranno secoli. Sul tipo di uvaggio penso si possa essere
d'accordo,, sicuramente quello tipico oltrepadano, e cioè: barbera
croatina e uva rara, a oriente più spazio alla croatina, a occidente
più spazio alla barbera. Evitabili i vitigni internazionali o
migliorativi che siano, il loro uso poco ragionato potrebbe
stravolgere i prodotti nella loro caratteristica di tradizione.
Vorrei un disciplinare rigorosissimo per quanto riguarda la
produzione; mentre per la percentuale degli uvaggi non diamoci
regole troppo restrittive, il vino non è matematica, come per contro
alcuni vogliono farci credere. Vedo molto bene questo dualismo, sarà
sicuramente una sfida che contribuirà ad elevare il livello
qualitativo dei prodotti. Certo del fatto che, queste DOC
rivoluzionarie, rinvigoriranno l'orso Buttafuoco, che, parzialmente
in letargo, si darà una mossa contribuendo ad elevare il panorama
vino O.P. Molti produttori che si stanno prodigando per una qualità
vera, potrebbero decidere di mantenere in essere solo la versione
riserva, proprio per dare più chiarezza e importanza alla sottozona.
L'O.P. è grande e vario, se ci pensate bene e lasciate per un
momento da parte il vino che va per la maggiore in questo momento, (bonarda
vivace) vi appariranno chiaramente delineate zone di produzione ben
riconoscibili per un prodotto in particolare, e cioè: la prima
fascia collinare vini Rossi, con gli uvaggi prima menzionati. Broni
e comuni limitrofi con le colline adiacendi sono già riconosciuti
con le sottozone Buttafuoco e Sangue di Giuda. Montalto Pavese è il
centro di una serie di comuni dove con Oliva Gessi condivide la
leadership del bianco d'annata, in futuro anche riserva.
La Val Versa si sa, è il regno del metodo classico, tenendo presente
che l'alta valle, (Volpara) ha una storia presente e passata legata
al Moscato da dessert.La zona più occidentale la allaccerei a
Casteggio per la produzione del rosso omonimo. Un progetto di questa
dimensione porterà una grande chiarezza, ognuno sarebbe libero di
produrre ciò che crede, ma tenendo ben presente la bandiera della
sua zona di produzione e dandole col tempo il valore aggiunto che si
merita, manderà gradualmente a "farsi benedire" tutto il resto, e la
Bonarda vivace sarà quel che è ora, un dignitosissimo "vino da
lavoro" Dolcetto docet.
E' uno stravolgimento radicale? A questo punto della nostra storia
si! ma se tornate a qualche decennio fa... con Angelo Ballabio non
avremmo sposato i vitigni. Ho avuto modo, insieme con altri
produttori, di discutere di alcune cose col direttore del Consorzio
Tutela o.p. Carlo Alberto Panont, posso dire che non sono cadute nel
vuoto. La mia impressione è che, chi ha argomentazioni costruttive
da proporre, viene perlomeno ascoltato; i progetti futuri stanno
prendendo forma, ma non sono così definitivi, si può interagire.
Come dice il Direttore la denominazione è nostra, lavoriamo in modo
tale da non doverci rammaricare un giorno delle scelte fatte, o
peggio ancora di quelle evitate perché impegnative. Non possiamo a
questo punto fare i "cerchio bottai" con ciò che abbiamo, ci
abbisogna una soluzione radicale.
Cerchiamo di creare un progetto vino o.p. serio, anche se non
immediato, partiamo anche molto lentamente, ma nella direzione
giusta. Ho personalmente molta stima nei confronti dell'attuale
direttore ed i suoi collaboratori, , reputo che gli stessi, con un
serio progetto da proporre, (non la Bonarda style) ci renderanno
visibili ed appetibili da un mercato che è ben oltre quello attuale.
Auspico un serio tavolo di discussione in merito, è difficile, si,
ma se ci pensate neanche tanto.
Paolo Massone
Azienda Agricola Bellaria |