"Una palla da baseball è più tenera e
digeribile", sorride e spiega, Sheila H. Pierce, giovane reporter del
Washington Post,
il più grande giornale della capitale americana, quale tipo di mozzarella di bufala (anche importata dall'Italia) si mangi oggi negli States. Niente a che vedere con le nostre produzioni.
Anche gli italiani d'America pensano che il "mangiare italiano" sia quello che la ristorazione "italiana" propone con una pessima pizza, molta pasta, magari condita col burro ed il ketchup. Non c'è tempo da perdere, bisogna correre ai ripari. E spiegare a tutti, non solo agli ex discendenti dalle varie Little Italy, che cos'è il vero talento italico per la gastronomia, cos'è stata la dieta mediterranea, e quali sono i suoi veri saperi e sapori. E' una vera e propria missione quella intrapresa da Daniel Williams e Sheila H. Pierce.
Con una serie di reportages spiegheranno ai loro connazionali dove e come nascono gli ingredienti del raffinato "made in Italy" in
cucina. Tra i loro primi itinerari c'è quello che sintetizzano in "Mozzarella, Paestum, Piana del Sele. Così sono arrivati da Antonio Palmieri, il patròn di "Tenuta Vannulo", l'allevatore - trasformatore che, da in poco più di un decennio, ha rivoluzionato il settore, con la sua mozzarella (ed un esclusivo yogurt) di altissima qualità .
Con 400 miliardi di vecchie lire di fatturato il consorzio che raccoglie i produttori della mozzarella di bufala campana è al terzo posto tra i produttori di formaggi italiani, i suoi spazi di mercato sono ancora in forte espansione tanto che le esperienze di allevamento e trasformazione sviluppatesi da queste parti attraggono allevatori e scienziati (nonchè giornalisti) da tutto il mondo. Anche il compassato
"New York Times" ha dedicato pagine ai nostri allevatori, e, in particolare, a Tonino Palmieri.
Il dinamico sistema economico cresciuto nei dintorni di Paestum (Capaccio, Altavilla, Albanella e Serre) ha come volano l'animale che non molto tempo fa era il simbolo dell'arretratezza e del latifondo paludoso. Trovarvi della buona mozzarella è determinante finanche per l'afflusso turistico nella zona. Gli allevamenti solo qui sono oltre cinquecento, con quasi 25 mila capi. Ci sono poi i caseifici e le aziende mangimistiche. Una filiera produttiva ad alto tasso occupazionale, tutta locale. Il passato è alle spalle: in pochi decenni la media dei chili di mozzarella per bufala sono passati da 357 a 557.
La truffa del latte "tagliato" con quello delle mucche, assai meno costoso, è in forte regresso. Dall'Europa arriva poi un'altra opportunità : nei prossimi anni le aziende bufaline potranno crescere. I due giornalisti americani hanno, con un certosino lavoro sul campo fatto di decine di interviste, toccato con mano questa realtà . "Vivete in una zona che è un paradiso", ripete Sheila
Peirce, incantata sì dai mille cimeli del museo della civiltà contadina allestito da Antonio Palmieri, ma anche dai saperi arcani e dal lavoro che c'è dietro alla bufala. Dove, a dispetto di un luogo comune duro a morire, chi imbroglia non fa molta strada.
Oreste Mottola |