28.08.2001 | Vino e dintorni

Allarme acqua in Puglia

Nella Capitanata l’uva resta acerba e gli allevatori comprano fieno al Nord

FOGGIA - Nel Foggiano la crisi idrica è ormai un problema di ordine pubblico. Il prefetto di Foggia segnala da tempo il pericolo di proteste di piazza a questura e governo. I consigli comunali della Capitanata non fanno altro che parlare di crisi e di stato di calamità naturale. E gli agricoltori, ormai sul lastrico, non serve parlargli dell’acqua che, tra qualche anno, potrebbe arrivare dal Molise se il presidente di quella Regione otterrà i mille miliardi richiesti al governo. E, se insisti nel voler discutere di emergenza idrica, loro ti portano per mano e ti accompagnano tra i vigneti del Tavoliere per farti toccare con mano quello che è un autentico disastro. Il luogo della disfatta è un’enorme distesa di terra arida compresa tra San Severo e Torremaggiore dove la crisi idrica ha provocato i danni maggiori. I vigneti sono pieni di grappoli, ma gli acini sono secchi e acerbi. Il peso dell’uva, poi, si è ridotto alla metà e il sapore è tutt’altro che buono. Una situazione di profonda crisi che ha indotto il governo a dichiarare subito lo stato di calamità naturale per 26 dei 52 Comuni richiedenti. «Abbiamo paura - confessa Onofrio Giuliano, presidente provinciale dell’Unione agricoltori della Capitanata - e temiamo che le aziende di trasformazione possano decidere di non ritirare parte dell’uva perché potrebbe non offrire le garanzie per la produzione di buon vino». «Poi - continua - c’è il rischio che la poca uva prodotta non riesca a maturare: per questo stimiamo che la riduzione della produzione sarà del 30 per cento».
Tradotto in numeri significa che sui 33 mila ettari di terreno coltivati a vigneti (soprattutto per uva da vino), il calo sarà di 1,8 milioni di quintali rispetto ai 6 milioni di quintali prodotti nel 2000. Ancora più forte è la flessione della produzione cerealicola, pari al 60 per cento. «Con l’assurdo che la scarsa produzione di paglia e fieno sta costringendo gli allevatori ad acquistare il mangime per i loro animali dalle regioni del Centro-Nord pagando un prezzo molto più alto», afferma Francesco Schiavone della Coldiretti.
Un disastro, quindi, se si guardano i livelli produttivi della Capitanata dove si trovano 60 mila aziende agricole e migliaia di aziende dell’indotto. Ma la mancanza d’acqua non sta provocando danni solo alle campagne, sempre più spesso abbandonate dagli agricoltori. Rischia di mettere in crisi anche il comparto industriale del contratto d’area di Manfredonia dove, entro il 2002, sorgeranno 75 insediamenti produttivi che investiranno mille miliardi. Alcune aziende, come il Cotonificio di Capitanata, stanno pensando di mollare tutto perché manca l’acqua sufficiente per la produzione. «Stiamo affrontando la questione da tempo - ammette Nicola Biscotti, presidente dell’Assoindustria della provincia di Foggia - già in fase di progettazione abbiamo dovuto escludere le aziende che avevano bisogno di molta acqua. Ora che siamo quasi in emergenza stiamo valutando un piano d’intervento che prevede l’utilizzo dei dissalatori, ma un metro cubo d’acqua verrebbe a costare 1.500 lire, più del doppio dell’acqua corrente. Per questo molte aziende stanno pensando se è davvero utile investire qui da noi».

FONTE: CORRIERE DELLA SERA

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